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I Dead Cat in a Bag si formano a Torino circa 7 anni fa. I componenti della band sono tutti impegnati, in varie forme, nello spettacolo (colonne sonore teatrali, recitazione, riprese, regia). Il progetto è multiforme e di natura folk. Poche spettrali note fanno da eco a Mule Variations, ma poi tutto muta e anche in meglio perché, qui possiamo dirlo, in quel disco Tom Waits non era al top. Siamo di fronte a Not Even More, opener di ”Late For A Song” il nuovo disco dei Dead Cat in a Bag uscito in questo 2014. Suonano oscuri, gravi come la voce di Luca, rigorosamente in inglese per non cadere nel fallo del fraintendimento e nelle trappole della fin troppo esigente madrelingua italiana. Con il passare dei minuti il sound inizia a farsi più pieno ma non per questo pomposo, imponente nel suo lento andamento, austero nei modi ma lontano dalla freddezza. La musica evoca l’immagine di un uomo che si trascina fra le macerie di una città, e della mente, devastata da qualche conflitto. I suoni sono dissonanti, spettrale l’atmosfera di fondo. Ravens At My Windows sembra perfetta per qualche scena desertica in cui Tarantino fa muovere i suoi personaggi che ingaggiano un duello finale in cui il pareggio è escluso. Anche se non palesemente ostentato, l’argomento di “Late For a Song” è la morte, ed è un disco che trasuda odore d’aldilà in ogni suo passaggio. Ma è anche un western polveroso, cinematica la propulsione a getto continuo, senza impennate né strappi al motore ma non per questo meno efficace. Con lo scorrere dei minuti sinistri inserti elettronici scorrono lenti, di soppiatto come ladri felini di cui si percepisce la presenza ma non i movimenti (Silence Is Not Future). La musica sfrutta anfratti polverosi, si dimena in silenzio liberando spore blues che furono degli Animals. In una vertigine da sbornia strumentale, tale è la quantità di aggeggi suonati (banjo, balalaika, mandolino, dobro, violino, contrabbasso, fisarmonica, tromba, sega musicale, ukulele, armonium e pump organ) si muovono anche quelli più tradizionali, senza creare scompiglio ma sottostando alla regola del rispetto dello spazio comune. Prodotto da Roberto Abis e rifinito al Superbudda di Torino da Giupi Alcaro, “Late For A Song” vanta altri compagni di viaggio: Enrico Farnedi, (Goodfellas), Fabrizio Rat Ferrero, Valerio Corzani (Mau Mau, Ex), Davide Tosches e Vito Miccolis. I testi s’adattano alle svisate folk apocalittiche e al sound caveiano di Old Shirt che flirta con il tango poco prima che il parossistico accesso di rabbia esploda in tutta la sua forza. Poi, come d’incanto, si finisce su temi tzigani slittando dal Messico all’Europa in pochi secondi. Non ci meraviglieremmo se spuntasse qualche cameo di Emir Kusturica, magari impegnato al canto con uno dei suoi personaggi. Ci sarebbe da dire inoltre che il titolo è autobiografico, qualcosa di molto delicato e personale per Luca. Non ce la sentiamo di aggiungere altro, per chi conosce i retroscena sarà un valore aggiunto, per tutti gli altri non ce ne vogliate ma esistono ancora linee da non oltrepassare, in nessun caso.
Articolo del
11/11/2014 -
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