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I Giorni Dell’Assenzio
Immacolata Solitudine
2014
Ridens Records
di
Claudio Prandin
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Parafrasando il famoso libro di Cormac McCarthy, l’Italia non è un Paese per giovani; nel Belpaese avere vent’anni è sinonimo di immaturità e di incapacità di esprimere qualcosa di “buono”. Da Pesaro arriva una piccata risposta a questo stupido assunto: I Giorni Dell’Assenzio sono un trio giovane ma affatto impreparato che ha tante cose da dire e le dice in modo molto convincente tramite una musica abrasiva ed efficace fatta di riff distorti e languidi arpeggi che si inseguono e si sovrappongono dando vita ad un colorato patchwork sonoro; scoperti dall’etichetta abruzzese Ridens Records, Mattia De Iure (cantante, chitarrista e compositore di testi e musica), Tania Gianni (basso e voce) e Mauro Bucci (batteria) esordiscono con questo bellissimo disco composto da otto brani la cui immediatezza è facilitata dall’assetto della band: basso, chitarra, batteria, appunto, come nella miglior tradizione del Rock che non ha bisogno di fronzoli, che prova ad esprimere il nocciolo del significato e non la sua esegesi. Il pregio maggiore dei brani è che pur mantenendo un’ottima coerenza trasmettono emozioni diverse: Gigante esalta con massicce sonorità che ricordano i primi Timoria, Radioattività commuove per l’incontro tra due voci diversissime ma ben assortite, Immacolata solitudine fa riflettere sulla nostra superficialità e ammonisce: «Sarà stato uno spettacolo, amore, vederci crollare». L’oscura Eveline intristisce con i suoi cupi cambi di ritmo e con la sentenza «E’ strano sentirsi spacciati senza essere stati mai circondati». Ma è verso la fine che il pathos aumenta e si trasforma in pura malinconia: Indi(e)feso è forse il brano migliore con leggerissimi arpeggi dissonanti rispetto alla pesante profondità delle parole e alla solidità granitica dei successivi riff; la caustica Maleamore chiude degnamente un bellissimo disco che parla di urbana solitudine; non a caso quando la band si deve presentare lo fa con questa frase: « Suoniamo insieme perché insieme è più facile sentirsi soli».
Articolo del
19/01/2015 -
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