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Gli Osemare sono un trio semiacustico romano formato da Federico Russo (voce, chitarra e buzuki), Riccardo Mechelli (voce, chitarra e testiere) e da Luigi Mazzei (batteria e percussioni). La formazione base si avvale spesso della preziosa collaborazione di Antonello delle Foglie al basso. Le loro radici attingono principalmente nella world music (sono moltissimi i loro riferimenti alla musica tradizionale balcanica, sudamericana e mediorientale) alla musica popolare italiana, fino a quel genere cantautoriale sospeso a metà strada tra Paolo Conte, Vinicio Capossela e Piero Ciampi.
In realtà la band romana esiste già bel pezzo: nasce nel 2000 come una sorta di laboratorio aperto a sperimentazioni e contaminazioni musicali attraverso la collaborazione con molteplici artisti, finendo per assumere, nel corso del tempo, la connotazione di un vero e proprio trio. Le nove canzoni che compongono questo disco d’esordio intitolato 'Pedalare' fanno parte del repertorio live degli Osemare già da moltissimi anni. In origine non avevano la finalità di essere racchiusi all’interno di un CD ma, bensì, volevano essere semplicemente la colonna sonora della loro filosofia di vita fatta da lunghe passeggiate in bicicletta nella campagna romana e della gioia di passare assieme serate in piccoli locali suonando davanti un pubblico di amici che, con il passare degli anni, si è fatto sempre più numeroso. Il disco arriva solamente adesso, quasi come se la band avesse voluto immortalare un percorso della loro vita artistica ed umana. I testi sono carichi di allegorie sociali in cui il riferimento a quelle epopee lontane nella memoria tanto care a Paolo Conte sono evidenti. In questo contesto mi piace sottolineare le liriche del bellissimo brano che apre il disco intitolato Il mare trema (“e Gennaro mezzo morto col suo cuore malandato si trascina verso il porto che ogni passo è guadagnato e il Rais le mani in tasca e succhia il seno di un cannone aspettando la burrasca come il cane il suo padrone”). Magreb è incentrato, invece, sulla difficile odissea dei migranti (“emigranti 360°, attaccati con lo stomaco al bateux, e saliva l’onda viva in un mare colorato da Mirò, emigranti ho visto guerra ho avuto fame, io che il mare non l’avevo visto mai“. La terza traccia di questo disco, intitolata E la vita, parla della vacuità della nostra esistenza: “la vita la senti che passa, è un treno lanciato verso la stazione, e nessuno che sia mai pronto a scendere, tutti avanti di vagone in vagone. Una vita che ai voglia ad aspettare il miracolo, tipo la fonte della giovinezza”.
Tra i momenti migliori di 'Pedalare' vorrei ricordare il brano In bicicletta, una collezione di acquerelli urbani descritti dagli gli occhi di un ciclista ed, infine, la bellissima Sul fiume in cui viene descritto un immaginario incontro tra due mondi diversi: ovvero tra un clochard ed un barone-luminare della chirurgia.
Articolo del
24/09/2015 -
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