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Che spaccano di brutto, i Sula Ventrebianco, è come dire che il fuoco brucia o che la cioccolata fa ingrassare. Nel loro caso l'asserzione è diventata ovvietà col precedente lavoro, Furente, pubblicato a novembre 2014.
Allora gridammo al miracolo e pertanto era alta l'attesa per questa nuova prova in studio. Sono state onorate le premesse ? Sì e no. Il quarto album del combo napoletano, benchè sia ingiusto dire che delude, appare un tantino al di sotto di quanto ci si aspettasse, poichè a tratti privo di quel mordente che solitamente bestializzava tutto ciò che usciva dai loro amplificatori. Esempi ? "Diamante" e "Una Che Non Resta", rispettivamente terza e quinta traccia del lotto, stanche litanie che mostrano il fiatone già dopo il primo giro di lancette.
Forse una sforbiciata al numero di brani - ben 16 contando anche gli intermezzi strumentali - avrebbe portato beneficio. O almeno rivederne l'ordine, poichè due tra gli episodi migliori - l'esaltante Arva e la martellante Batticarne - sono posti in chiusura di tracklist, provocando così il classico prurito al ditino che vorrebbe "skippare" gli episodi prescindibili alle prime avvisaglie di sbadiglio.
Probabilmente le frequentazioni con Alberto Ferrari, qui responsabile del mixing, hanno finito per "verdenizzare" l'ensemble snaturandone in parte l'essenza. Indizio ne è l'uso della voce, con il cantato che si fa strumento tra gli strumenti, e le parole scelte più per il suono e la cadenza che per il messaggio da veicolare.
Il contenuto sfuma e i testi diventano così meri collage di frasi apparentemente nonsense. E' una tecnica come le altre, si dirà, chiamatelo “cut-up” se volete, ma in passato sembrava che la loro incazzatura fosse più a fuoco.
Poi però ci sono le cose positive. E quelle, per fortuna, sono ancora la maggioranza. A partire dal fatto che la band non ha perso la capacità di mettere in piedi l'apocalisse sonora in men che non si dica, rovesciando sul terreno una pioggia di metallo d'intensità tale che l'unico modo per uscirne vivi sarà migliorare i tempi d'apnea. Se la migliore difesa è l'attacco, i Sula giocano con cinque punte.
Il solco è sempre quello tracciato da Kyuss e Queens Of The Stone Age, riferimenti imprescindibili per Salvatore Carannante e soci. Il che si evince scolasticamente da Sale In Sogno, Wormhole - altra gemma del blocco - e la strumentale Merak. Ma trattasi di linguaggio, puro e semplice significante, laddove è sul significato di una scrittura comunque eccelsa che bisogna porre l'accento. Una scrittura capace anche di riportare in auge i Nirvana di Breed in quella Arkam Asylum che gli somiglia tantissimo.
Insomma, nel complesso trattasi di prova più che discreta. Se ci teniamo stretti col voto è solo perchè dai migliori è lecito aspettarsi sempre il massimo.
Articolo del
05/03/2017 -
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