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La band fiorentina, nata nel 2009, non si fa mancare nulla. Il primo album, Andrà tutto bene, è stato un trionfo di pop rock indipendente, il cui sound si nutre a tratti di melodie romantiche e a tratti di pura psichedelia. La paura sta alla base di questo primo album. Paura di amare, di sognare, di vivere, di morire. Un album totalmente generazionale, che ruota attorno agli indugi della post adolescenza, alle sue incertezze, alle difficoltà di fare quel salto che conduce all’età matura. Età che Le furie sembrano aver raggiunto, dopo cinque anni di attesa, nel secondo disco, Il futuro è nella testa, anticipato a maggio dal singolo Il mare, che già dice tutto dell’album.
Sembra che a Le Furie non ci sia niente che vada in questa vita. La voglia di scappare la fa da padrona, così come la voglia di cambiare vita rincorre tutto l’album, denso di mestizia e di una nostalgia lontana che ci tocca e ci fa pensare a quanto veramente siamo soddisfatti di noi stessi e del nostro presente. La paura dei vent’anni è fuggita per passare la palla a quella della maturità, del lavoro, di una famiglia, di un futuro. “Gli anni passeranno/che cosa resterà” recita Se non avessimo più tempo. Ma invece di “falliti, delusi, repressi, frustrati”, di cui si parla in Velleità (Il sorprendente album d’esordio dei cani), qui si parla di amori soffici, storie metropolitane, crisi di identità, scelte di vita e di chi ti aspetta a casa mentre tu ti scoli quella seconda pinta di birra che sei convinto di meritarti dopo otto ore di estenuante lavoro.
Ballate dense di nostalgia e pregne di domande che resteranno senza risposta, accompagnate da quella smania di tornare indietro, perché forse la paura era meglio delle responsabilità. Tutto questo non esclude derive pop di speranza e rivalsa sociale. Il sound è buono così come le tematiche da film di Leos Carax, regista francese amante del melodramma bohemien. Sicuramente una band di prim’ordine. Ascolto consigliato
Articolo del
21/01/2018 -
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