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Anarchico. Irriverente. Geniale. Ozioso. Disordinato. Irritante. Spassoso. Molesto. Scanzonato. Spudorato. Insolente. Retrò. Indelicato. Oltraggioso. Prolisso. Nazional-popolare.
Non è facile mettere ordine alla miriade di aggettivi che le due ore e ventotto minuti di musica di Maledette Rockstar suggerisce. Le difficoltà nell'approcciare quest'album dal punto di vista di un recensore possono a ragione considerarsi proporzionate a quanto dev'essere stato complicato realizzarlo e allo sforzo mentale che ne richiede l'ascolto. Alla fine se ne esce col mal di testa, tanta è la carne al fuoco. Ma ascoltandolo bene, magari “a puntate” per prevenire i cali d'attenzione, se ne colgono sfumature che neanche dieci anni di “indie” nostrano riuscirebbero a regalare. Così come pochi tra i musicisti “alternativi” contemporanei hanno la medesima capacità di esporsi e parlare al presente in modo così franco e politicamente scorretto mescolando storia, politica, costume, cultura alta e bassa, e riferimenti d'antan.
Maledette Rockstar è a suo modo un piccolo miracolo italiano, un album da comprare (possibilmente in uno dei pochi negozi di dischi rimasti), apprezzare nei dettagli, fumarcisi un sigaro di sabato sera, seduti in poltrona, cuffie alle orecchie, mentre si sorseggia un bourbon: bisogna farci, cioè, quello con gli album non si fa più da un pezzo.
C'era da aspettarselo dal “commentatore” Scotti che tutto sarebbe stato meno che banale, il settimo album dei suoi Maisie. A partire dal fatto che è un doppio, cosa che ai tempi di Spotify potrebbe sembrare un autogol: perchè perdere tanto tempo a costruire un mobile se poi la gente il salotto se lo va a comprare da Ikea? La domanda è retorica, ovviamente. Perchè, come nel caso del falegname che leviga e rifinisce la sua opera, siamo al cospetto di un lavoro di cesello, un collage messo insieme con pazienza artigiana, se si considera che ci sono voluti nove anni per dare un seguito a Balera Metropolitana.
Ma l'attesa è valsa la pena e frutto ne sono questi 31 brani che in realtà sono molti di più. Perchè ognuno è la porta per un altro mondo, in ognuno ce ne sono almeno tre o quattro diversi assemblati insieme. E non solo perchè 5 di questi durano tra i sette e i nove minuti e ben 11 superano i cinque minuti. E non solo perchè oltre che dai due CD la confezione in cartonato è composta da un libretto di 4 pagine con i crediti e un altro di 54 pagine con i testi e i disegni di Manfredi Criminale creati appositamente per le canzoni.
Ma più che di numeri, è questione di sostanza. Maledette Rockstar è un groviglio di echi e richiami più o meno velati, una trovata dietro l'altra, vi convivono anima pop e sperimentale, austera e zuzzurellona, reazionaria e progressista. Il tutto con un piglio “arty” e nonsense che oscilla tra cabaret e rock demenziale, coprendo un'impressionante gamma di stili che vanno dalla new-wave al folk passando per avanguardia, free-jazz, prog, bossanova, rap, post-punk, riverberi mediorientali, canti medievali, coretti a cappella e sigle dei cartoni animati.
I Maisie sembrano tante band in una, sotto l'egida di Alberto Scotti e Cinzia La Fauci. Oltre ai tanti (ottimi) musicisti che hanno preso parte al progetto, la lista di ospiti è lunghissima e non ne poteva che scaturire un colossal post-moderno, un pulp dei nostri giorni.
Certo è difficile berselo d'un sorso. Maledette Rockstar è dirompente quasi quanto è stratificato. Ma tanta complessità è mitigata da un linguaggio diretto e messaggi comprensibili. E' popolare, non radical-chic. E' periferia, non centro. E' circolo, non salotto. E' Pasolini, non Bocca. Si punta a farsi capire: la sostanza, appunto.
Che...si sostanzia in una serie di polaroid dell'Italia di oggi, raccontata mutuando un campionario lessical-culturale da Prima Repubblica. Perchè citare la DC e Mario Bava è retrò quanto nominare Gaber, Battisti Zero o la Bertè. Ma quanto servirebbero oggi che “non abbiamo bisogno d'ideologie, di sindacati, del posto fisso, di case discografiche, di sale cinematografiche e meno che mai di Dio”. Oggi che in Parlamento vanno a cantare quelli de Il Volo, che il dibattito politico lo detta Renzi e che al lavoro indossiamo i braccialetti di Amazon.
Già, perchè se l'immaginario è demodè i Maisie sono terribilmente attuali e parlano al presente toccando temi come la politica, il lavoro, la società, la religione, la perdita di ideali. Parlano di Marchionne e degli operatori nei call-center, di madri che “istruiscono” le loro figlie e di riforme liberiste di sinistra, di anni del “fare” e di imbarbarimento culturale ai tempi di internet. Ma anche, come da titolo, di un malcelato risentimento verso il rock che ha tradito le speranze. Anche se poi riconoscono alla musica un potere salvifico: Battiato e Le Orme curano i disagi psicologici e De Andrè guarisce addirittura i tumori.
Insomma maledette le rockstar, sì, ma siano benedetti i Maisie per averci regalato un'opera che tra venti o trent'anni sarà ancora lì a raccontarci com'eravamo. Oggi.
Articolo del
11/02/2018 -
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