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Dadamatto
Canneto
2017
Autoprodotto
di
Claudio Prandin
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Comincio con una banalità: ci sono dischi che mi piacciono (con una vasta gamma di sfumature di “piacere”), dischi che mi lasciano indifferente e dischi che non mi piacciono (con una vasta gamma di sfumature di “dispiacere”). Canneto mi fa innervosire. Perché? Perché non riesco a capire in quale gradazione collocarlo; o meglio, non riesco a capire se questo trio marchigiano mi stia prendendo in giro o se stia infondendo così tanta originalità da risultare incompresa.
Gli ingredienti del quarto lavoro di Marco Imparato (Voce, Basso, Theremin, Organi), Andrea Vescovi (Chitarra e Cori) e Michele Grossi (Batteria), sono un cantato improbabile ed obliquo tanto che non capisco se sia pieno di ironia o di vocazione sperimentale, una sezione ritmica precisa con un basso melodico quanto basta e stilettate di chitarre lanciate quasi a caso come quando ci si spoglia e si gettano i vestiti sul letto. I momenti migliori sono Impero e Pilade (con i loro godibili ritornelli e parti strumentali davvero efficaci) e Vulcano, una canzone beffarda ma allo stesso tempo travolgente. Sperma e Zanzare costituiscono invece dei mezzi passi falsi perché la provocazione è stata portata oltre l’eccesso.
I testi surreali spiazzano e acuiscono la sensazione di essere all’interno di uno scherzo. Forse è questa la chiave di lettura di Canneto: se lo si ascolta lasciandosi coinvolgere dalla strampalata ironia si finisce con l’ammettere che piace; chissà che non sia questo il grande inganno che la band voleva congegnare.
Articolo del
13/04/2018 -
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