Virtual Time è un talentuoso gruppo musicale formatosi a Bassano del Grappa nel 2012 e composto dal cantante Filippo Lorenzo Mocellin, Luca Gazzola alla chitarra, il bassista Marco Lucchini, e da Alessandro Menghin alla batteria.
Peculiarità della band è quella di proporre un Hard Rock influenzato da formazioni degli anni Settanta come Led Zeppelin e Deep Purple; un punto di partenza che sfocia poi anche nel Folk Rock e Alternative, il tutto caratterizzato da uno stile moderno quanto personale.
La rock band bassanese ha pubblicato quest’anno l’album From the Roots to a Folded Sky, il primo di un interessante progetto musicale che prevede l’uscita di ben cinque dischi. A distanza di qualche mese, il 28 ottobre, è arrivata anche la seconda fatica dei Virtual Time, Animal Regression, un disco ancora più vario dal punto di vista musicale, sotto l’egida di Go Down Records.
Ad aprire le danze di questa regressione animale datata 1970 è “Grain of Existence”, un brano portentoso, che mette subito in chiaro il leitmotiv di questo album: atmosfere di zeepeliana memoria e un perfetto feeling tra chitarre e batteria in supporto alla (pre)potenza vocale del frontman. “The Adventures of Funky Boy” è un pezzo… decisamente funky! La trama musicale viene poi intervallato da uno squisito assolo pizzicato, prima di esplodere nuovamente in un contagioso funky.
“Heaven is Asking” è quasi un corpo estraneo tra le otto tracce, elegante, ma con qualche istrionica venatura pop, per quello che è a occhi chiusi (e orecchie ben aperte) una delle canzoni migliori dell’album, sia per quanto riguarda le musiche che per il testo, diretto ed essenziale. Si chiude così, virtualmente, la prima parte dell’album, trascinata dalla graffiante voce di di Filippo Lorenzo Mocellin, ben supportata tra l’altro da chitarre e percussioni. La title track, invece, rimane troppo ancorata a suoni ridondanti nel loro avvicendarsi senza però sorprendere come appunto nella prima parte dell’album.
“Rush of Air” riesce addirittura a scomodare i Wolfmother grazie ad uno storno incalzante di chitarre elettriche che ricorda la hit planetaria “Woman”, senza mai esplodere del tutto. In effetti le similitudini non si fermano solo alla vicinanza musicale dei due brani citati o una discreta assonanza vocale dei due frontman, ma anche per un modo squisitamente personale da parte di entrambe le formazioni, di trasformare le influenze musicali, Led Zeppelin su tutti, in qualcosa di viscerale e assolutamente personale. “Fly Away” chiude un disco in cui diversi generi di rock e funk coesistono insieme senza troppi problemi, un po’ come gli animali presenti sulla copertina. Vuoi per una certa ripetitività di suoni, riff e momenti musicali, spesso simili tra loro, che per scelta di proporre brani più diluiti (in tal senso i primi quattro hanno tutti una durata inferiore ai tre minuti) nella loro essenza rock, la seconda parte finisce con l’essere leggermente sottotono, salvo poi tornare su buoni livelli.
Animal Regression fa della potenza sonora il suo cavallo di battaglia, dove le otto tracce scorrono via al pari di un treno merci carico di funk, psichedelia e (hard) rock’ n’ roll lanciato a folle velocità negli anni ’70. Un album, questo, che rielabora in maniera intelligente e moderna i Seventies, denotando il talento del gruppo, italiano di appartenenza, ma pronto a dare sfoggio della loro internazionalità quando si tratta di far musica.
In sostanza Animal Regression è un disco dove il nuovo non sostituisce il vecchio ma lo rielabora in chiave moderna; quel che è certo è che la band veneta mette a segno un altro punto dopo From the Roots to a Folded Sky. Che il terzo album sia quello della consacrazione definitiva? Non solo ce lo auguriamo, ma dal canto nostro non vediamo l’ora di ascoltare la terza fatica dei Virtual Time
Articolo del
29/11/2018 -
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