14.849,77. È il numero di chilometri che separano Cecina dalla base Vostok in Antartide. Due luoghi così lontani sulla carta (geografica) ma idealmente vicini per il gruppo toscano, che finiscono inevitabilmente per assomigliarsi, temperature ed escursioni termiche a parte. Il debutto dei Vostok avviene nel 2014 con “Vostok s.t.”, un disco prevalentemente stoner rock con cui si sono addentrati nella scena musicale italiana.
Dopo quattro anni, scanditi da una manciata di cambi di formazione, la rock band sforna Smania, un nuovo lavoro pubblicato da Manita Dischi lo scorso cinque gennaio: nove tracce ad alta potenza musicale dove convivono quelle che sono le esperienze del tutto personali dei quattro musicisti, ma con una forma differente dalla precedente.
L'inizio è di quelli promettenti, grazie soprattutto a un ritornello che ben presto si stampa in testa, "Ridatemi novembre" è a tutti gli effetti uno slogan urlato da una generazione troppo impegnata a rimandare le cose importanti per farne altre di poco conto. Non cambiare nulla per cambiare tutto, il passo successivo dei Vostok è quello di rimettere in discussione la parola “cambiamento”, affidata al brano “Armadi”.
Leggendo il nome della terza traccia, “Boban”, il calciofilo incallito non potrà che pensare che al mitico centrocampista del Milan degli anni Novanta, dove la passione giovanile si consuma in un ascensore bloccato, salvo poi fare dover fari i conti con i genitori di lei.
I Vostok si dimostrano incredibilmente convincenti nella costruzione del suono, a metà tra l'indie rock e il pop punk, puntando forte sulla carica emozionale. Poi però subentra un certo pressapochismo, a fasi alterne a dir la verità, con testi poco articolati e conditi da un citazionismo poco ispirato, vedi il triumvirato De Sica-Boldi-Vanzina tirato in ballo nel brano "Primavera".
Fortunatamente a non essere mai banale è la potenza acustica trasmessa dall’uso delle doppie voci e dal ritmo serrato delle chitarre, che rubano la scena nella parte iniziale di “Confo” e nell’accompagnare il coro da stadio che s’innalza in “Aurelia”. “Reni” è il punto che mette fine a un disco di sentimenti ed emozioni travagliate, tra cui l’effimera illusione della fiducia riposta in altre persone.
Con Smania, i Vostok hanno dato vita a un buon virgolettato musicale che assomiglia, più che a un canto liberatorio, a un urlo disperato in cerca di aiuto, manifestando a pieni polmoni la difficoltà di essere giovani al giorno d’oggi. Lo fanno in maniera potente ed energetica, ma al tempo stesso sembrano peccare di personalità quando c’è da fare il grande salto. Nonostante ciò, la band toscana può dirsi ampiamente soddisfatta dal sound confezionato in questo album, in attesa di decidere quale strada intraprendere per spiccare definitivamente il volo
Articolo del
05/02/2019 -
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