Per molti artisti l’album di debutto rappresenta un importante trampolino di lancio per le già sature acque del mercato commercial-musicale o più semplicemente un primo mattone posato nel costruire una carriera fatta di onesta gavetta nel segno di una personale prosecuzione artistica. Nel caso dei LEDA, band marchigiana composta da Serena Abrami, Enrico Vitali, Mirko Fermani e Fabrizio Baioni, la voglia di non scendere a compromessi con l’attuale mercato discografico rientra nelle logiche anacronistiche del secondo percorso. Meglio così in fondo.
Pubblicato da Il Piccio Records, Memorie dal futuro rappresenta il primo progetto targato LEDA, nato dalle rispettive esperienze pregresse maturate dai componenti del gruppo, che si arrischia oltre la flebile barriera dell’indie rock italico, per addentrarsi in meandri più alternativi, cupi e pesanti, ma che non rinuncia a essere talvolta più distorto e distopico.
In questa direzione viaggia infatti “Ho continuato”, un’apertura segnata dalla decisa chitarra elettrica, batterie percosse con veemenza e sintetizzatori incalzanti, che diventano una cosa sola nel martellante ritornello.
La camaleontica intensità vocale di Serena Abrami, vellutata carezza in pieno viso in “Pulviscolo” o energico impeto canoro in “Nuovi simboli”, è portavoce di cambiamento radicale in una società decadente. Come in un rapporto di totale osmosi tra la voce femminile e la ritmica degli arrangiamenti questi due elementi si rivelano complementari, non sovrapponendosi ma piuttosto valorizzandosi l’uno con l’altro.
Il senso di indelicata sofferenza emotiva imprigionata in un futuro non meglio definito è una presenza incombente, testimoniato da suoni di contorno di quelli che hanno tutta l’aria di essere cancelli cigolanti mossi dal vento o un contatore Geiger rivolto verso sterpaglie radioattive nel brano “Nembutal”. Più in generale è la distorsione sonora a generare un immaginario luogo a tratti post-apocalittico, un mondo duro quanto lo strimpellare con veemenza sulle corde o l’accanirsi sulle percussioni.
“Deriva” è un fulgido esempio di perspicace e brillante accostamento di parole racchiuso nei versi "Tu che sei in fuga da tutto per non scappare da niente, ti senti sola come un cane abbandonato su un’autostrada di gente”. Ruvidezza grunge che denota un’affascinante concretezza grazie al connubio tra Serena Abrami e Francesco Ferracuti, quest’ultimo paroliere aggiunto in seno alla band e coautore dei testi
Con “Assedio” sembra di riascoltare i Verdena di Requiem, e le affinità principalmente sonore riaffiorano nell’idea di rock funambolico capace di muoversi in perfetto equilibrio su fili invisibili, dallo stoner rock all’alternative rock.
Le battute finali sono all'insegna di linee armoniche più morbide ma tutt’altro che scariche di quell’adrenalina percepita sin dal principio. “Solchi” si avvicina più all’idea di rock classico di quanto fatto in precedenza, che lascia mestamente il posto a “Il Sentiero”, che vede nella voce di Marino Severino e il violoncello di Giuseppe Francellucci preziose partecipazioni nell’attraversare una selva oscura costellata di “polvere e di memoria”, dove “risuonano echi di spari e canti di gloria”.
Memorie dal futuro è il sorprendente album d’esordio per i LEDA, un’opera prima da non sembrare tale per la qualità espressa in essa. Un disco, questo, fatto di elementi giusti e gradienti ben dosati, da un mutevole alternative rock (e relative declinazioni) a testi che trasmettono fino in fondo un proprio messaggio e lo fanno con preterintenzionale arguzia: non giri pindarici che badano esclusivamente all’estetica ma figli di quella consistenza racchiusa in un verso come “io non sono quindi penso”, stravolgimento della locuzione cartesiana citata nel brano “Icaro”.
Attribuire egoisticamente gran parte dei meriti alle dote canori e di scrittura di Serena Abrami andrebbe a sminuire il lavoro dell’intero gruppo, quando si tratta invece di un completarsi e rendersi importanti a vicenda, in un rapporto di subordinazione che semplicemente non esiste.
E le undici memorie dal futuro, perché in fondo è di ricordi venturi che si tratta, fanno ben sperare per l’avvenire della musica rock in Italia, con i LEDA novelli time travelers ad annunciarci un futuro che per adesso non appare troppo roseo
Articolo del
12/04/2019 -
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