Credo che, dopo ormai quasi otto mesi di articoli, chi mi legge avrà capito quanto io sia un tipo (fortunatamente) poco ambiguo: è abbastanza chiaro che il me da chitarra acustica ha a che fare con un certo modo di intendere la forma canzone. E su questo non credo ci siano dubbi.
Però, dopo, appunto, otto mesi di articoli, mi sembra di aver parlato poco dell’altro me, e sono qui per rimediare. Anche perché, ormai lo avrete intuito, i miei articoli sono anche un modo per parlare di me, e, conseguentemente, della mia idea di musica e della mia formazione musicale. Ed allora oggi vi presento l’altro me, il mio Mr. Hyde. Quello con la chitarra elettrica a tracolla e con le scale blues nelle vene.
E per parlare delle ascendenze che il blues ha su di me, ho scelto un gran disco, uscito poche settimane fa, di un artista che in un mondo meno governato dalle radio sarebbe conosciuto da tutti. L’album è Canzoni in blues, Vol.2, e l’artista in questione è Paolo Farina. Giusto per rendere l’idea di chi sia Paolo Farina, i miei lettori più’70’s (o i più nerd) ricorderanno certamente “Al mancato compleanno di una farfalla”, dei Maxophone, band che aprì i concerti di Finardi e degli Area durante l’epopea del prog di casa nostra. Ecco, il testo di quel pezzo è suo. E scusate se è poco.
Canzoni in blues, Vol.2 è un album assolutamente degno di nota, sia per la qualità strumentale di ogni pezzo, che per i testi, mai banali o stupidi, anzi, quantomai evocativi, soprattutto in certe atmosfere, e pieni di storie da raccontare.
L’album si apre con “Mille pezzettini”, pezzo sostenuto da una chitarra acustica, cui fanno da contraltare delle svisature con lo slide. La sezione ritmica è rappresentata dalle percussioni, che si sposano bene con la batteria, e danno quel tocco di originalità in più. La chicca del pezzo, però, è il solo di trombone, spettacolare.
Anche “La cultura ufficiale” si presenta come un blues acustico, con la linea di contrabbasso molto marcata ed un violino che svisa, il tutto montato su un testo simile, per tematiche, al Bennato di “Dotti medici e sapienti”.
I primi segnali della versatilità stilistica dell’album si hanno con “Lupo Nero”, un blues elettrico funkeggiante con la partecipazione straordinaria di un organo Hammond e di una chitarra elettrica svisante, elementi che fanno del pezzo un blues puro, soprattutto se messo in correlazione col testo, una aspra critica allo “status quo” del cantate ed all’industria discografica.
“Via Mancinelli” è, invece, un blues dai toni molto noir, con il solito Hammond in grandissimo risalto. Anche qui, la musica fa da cornice ad un testo decisamente importante, che racconta la storia di Fausto e Iaio, due giovani uccisi nella suddetta via, nel Marzo del ’78, da un commando di fasci di merda (sapete che chiamo le cose col loro nome, ndr).
Anche “Camilla” si presenta come un blues dai tratti funkeggianti, con svisature di acustica ed elettrica ed una coda di assoli propria della migliore tradizione prog. Ma il tocco di classe sono gli accordi eccedenti, che danno ariosità ed un’atmosfera sospesa al brano.
“Quello che sento” è la quota “lento” dell’album, un pezzo che gioca su uno splendido volteggio di sax, sostenuto da una linea di basso avvolgente e da una sezione di archi che “solleva” il tutto.
“I suonatori di jazz del sabato sera”, come facilmente intuibile dal titolo, gioca su dei soli jazzati di chitarra e contrabbasso, creando davvero una gradevolissima atmosfera da jazzclub. Menzione speciale per gli arzigogoli pianistici del grande Mark Harris.
“Mezzanotte al bar” è un pezzo caratterizzato da un’atmosfera molto rarefatta e da un ritmo swingato. Spettacolare l’accompagnamento al piano elettrico, sempre di Harris, con gli inserimenti del sax a creare dinamismo, ed una linea di contrabbasso che fa da collante.
“Gigoletta “, il brano che chiude l’album, è un honky- tonk che gioca su toni molto 30’s, con clarinetto e banjo a dare imprevedibilità, mentre un pianoforte regge la ritmica.
Mi piaceva riportare la citazione che sta dentro il disco, che trovo abbastanza esplicativa, recita così: “Il blues è una musica che esce dal cuore, fa il giro del corpo e fa uscire la tua anima”. In queste due frasi c’è tutto lo spirito dell’album, capace di abbinare ad una enorme eleganza musicale dei testi importanti. Praticamente il senso di fare musica.
Voto all’album: 8.5.
Pezzo preferito: “Lupo Nero”. Sono molto sensibile ai soli di Hammond e chitarra elettrica. Fate un po’ voi
Articolo del
17/02/2020 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|