Un album davvero pregevole, un disco d’esordio che sorprende per essenzialità e maturità compositiva.
Lei si chiama Cécile Seraud, una pianista francese originaria di Lorient, in Bretagna. Il disco si intitola “Shoden”, un termine che nella cultura giapponese, nel linguaggio “reiki” vuol dire “incanalare parte di quell’energia cosmica che ti permette di assorbire un dolore”. Il corpo si rigenera, guarisce, proprio attraverso la musica, intesa anche come medicina dell’anima. Le note mirabili del pianoforte di Cècile sono accompagnate dai contrappunti di Juliette Divry, al violoncello, e disegnano atmosfere molto intime, talvolta malinconiche, in altre occasioni più evocative e drammatiche.
L’album coniuga bene influenze classiche e musica moderna, dal minimalismo alle partiture rarefatte dei Sigur Ròs, la nota band islandese. L’ambientazione nordica si riflette ancora di più nei titoli delle varie composizioni, tutte strumentali, che vanno da “ Frozen Earth I” e il bellissimo “reprise di “Frozen Earth II” a “Life”, “Tendresses” fino ai tre capitoli di “Shoden”, dei quali il finale è a dir poco sontuoso, con quelle sovrapposizioni fra pianoforte e violoncello che danno esiti particolarmente struggenti. Un disco contemplativo che però - con assoluta delicatezza - procura forti emozioni. Siamo di fronte ad un album di musica neoclassica, ma di ampio respiro, che guarda anche in direzioni diverse.
“Shoden” è stato registrato da Sylvain Texier (Ô Lake, Fragments) e missato da Damien Tillaut, noto per aver lavorato alla colonna sonora di “The Last Morning”. L’artwork della copertina è da attribuire invece a Yoann Buffeteau, un artista visuale di grande talento. Un album di cui vi raccomandiamo l’ascolto, preferibilmente in completa solitudine.
Articolo del
28/10/2020 -
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