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Antonio Paduano
Apolide
2021
Apogeo Records
di
Angelo Bianco
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Benché ormai sia diventata prassi comune, pubblicare un disco ai tempi del Covid resta una scelta coraggiosa e lo è ancor di più quando si tratta di dare alla luce un album di debutto.
E scommetto che Antonio Paduano se lo sarebbe immaginato ben diverso il suo esordio sulle scene musicali con Apolide, opera prima del musicista napoletano pubblicata il 19 febbraio da Apogeo Records. La voglia di raccontarsi attraverso musica e parole ha quindi prevalso su tutto il resto, poco importa se per proporre Apolide in forma live ci vorrà del tempo non ancora quantificato.
Nell’ascolto del singolo “Due secondi fa” emerge quella che è la visione musicale dell’artista classe ‘92, accompagnato in questa sua prima avventura dalle percussioni di Alessio Sica, il basso di Roberto Bozza, il violoncello di Monia Massa e le chitarre di Marcello Vitale e Dario di Pietro (con quest’ultimo anche nelle vesti di direttore artistico del disco), fatta di testi ben ponderati e corredati da un sound accattivante e moderno.
Apolide vive di momenti di mutevole intensità che si susseguono con una certa vivacità nella prima metà del disco, oscillando tra gli alti e bassi di una relazione (“Briciole” e “Borderline” in particolar modo) a riflessioni personali dove Paduano prova a mettere la sua vita in discussione (“Orizzonte”) con un brano piacevolmente ritmato. La molteplicità di tematiche viene affiancata anche da una discreta varietà melodica: dallo spensierato pop cantautorale al folk di stampo popolare, interpretati con energia e convinzione. Quel che ne viene fuori è un risultato apprezzabile sicuramente per impegno e buone doti di scrittura dei testi, ma talvolta la voce del musicista campano tende quasi a essere soggiogata da sonorità elettroniche un po’ troppo invadenti.
Nelle ultime battute la title track (“Apolide”) sfoggia uno dei momenti migliori del disco d’esordio di Paduano, che si affida al potere della musica per raccontare la storia di tutte quelle persone che vengono definite “apolidi”, ovvero quegli individui senza patria che non hanno né una cittadinanza del paese di origine né quella del paese che li ospita. Traslando il concetto in chiave musicale va invece detto quanto Apolide sia un lavoro con un’identità precisa, per quanto questa necessiti di essere affinata col tempo, quella dettata da un cantautore che ha compiuto un primo e importante passo nel non facile (eppure spesso banale) mondo della musica italiana.
Lo stile c’è e dal punto di vista musicale la base è molto buona, ora ad Antonio Paduano non resta che proseguire su questa traccia e non perdersi strada facendo perché le qualità per far bene in futuro non gli mancano di certo.
Articolo del
11/03/2021 -
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