Un cuore nero chiuso in una scatola trasparente: con questo disegno in copertina si presenta il nuovo disco di Olden, un lavoro molto intimo e personale, nato a meno di un anno dal precedente Prima che sia tardi. Un disegno che rappresenta molto bene le atmosfere principali del disco. Appena rientrato a Barcellona dal tour italiano per presentare quel disco, il cantautore perugino si è ritrovato nel pieno del primo lockdown, senza possibilità di proseguire il tour. In questa situazione di sospensione nasce Cuore Nero, un disco molto personale, in cui si percepisce un’urgenza espressiva, e più rivolto all’emotività e all’interiorità che non al sociale come il precedente. Ancora una volta la produzione è affidata a Flavio Ferri, che avvolge con atmosfere oscure i testi di Olden, che raccontano i lati più bui dell’animo umano, e nei quali affiora sovente una sensazione di disagio.
La titletrack “Cuore nero” è un inizio forte e d’impatto, un brano dai suoni duri, elettrici e scuri, e dal testo altrettanto forte (sarebbe facile accontentarsi di non sanguinare). Il cuore nero chiuso nella scatola rappresenta forse anche questa situazione d’immobilità, con un senso di angoscia verso un futuro del quale non si riesce a intravvedere il percorso. Si sente la mano di Ferri, qui presente oltre che alla produzione anche come co-autore, così come in “Per diventare un fiore”, altro brano dal forte impatto rock, duro ed elettrico, in cui Olden scava ancora dentro se stesso, alla ricerca di una via d’uscita da una situazione di malessere esistenziale (è stato un gelido inverno / è durato fin troppo ma almeno / finalmente lo vedo andare via da me).
Altro brano scritto a quattro mani con Ferri è la rock ballad “Oceani”, dove affiora un sentimento quasi di dolore per gli accadimenti della vita, e un senso d’incertezza consapevole (so benissimo da me / che questo non è il posto mio, però / il tempo è un trucco e si scioglie da se / poi brucia presto / troppo presto). Brano intenso e profondo, così come l’altra ballata centrale del disco, quella “Kaddish” ispirata all’omonimo poema di Allen Ginsberg. Un brano splendido, emotivamente intenso, dove la voce filtrata di Olden trasmette un senso di disperazione e di perdita che sembra quasi di poter toccare.
“Più veloce di un saluto” racconta di un tempo sospeso e di un senso d’immobilità, di treni inchiodati a una stazione e di sogni senza un buon finale, di cicatrici di parole, ferite di abbandoni, carezze distratte e abbracci lontani, silenzi e case vuote da abitare. Forse servirebbe davvero Rinascere altrove, altro brano notevole con uno splendido arrangiamento (che a volte morire è un dovere / se non puoi più respirare / e che bruci in un incendio il dolore / per rinascere altrove). “Le nostre vigliacche parole mancanti” esaspera ancora di più i toni oscuri e quel senso di disagio e di precarietà che ritroviamo in tutto il disco (sempre in ritardo ai nostri orizzonti / vuoti di memoria / e un futuro senza storia / e non torna mai niente), con chitarre elettriche lancinanti e la voce intensa del coautore Pierpaolo Capovilla che si alterna e sovrappone a quella di Olden, in un duetto perfettamente riuscito.
Tra un amore finito, una pandemia che obbliga a rinunciare alla normale attività di un musicista, e il tentato suicidio di un amico, con Cuore nero Davide Sellari (in arte Olden) compone il suo disco più intimamente sincero, e forse anche quello più emotivamente difficile a livello compositivo, dimostrandosi capace di scavare nel profondo delle sue vicende personali e analizzarne il dolore, senza nascondere i momenti più dolenti, come nell’elettrica “Un figlio solo”, con una capacità compositiva sempre molto elevata, riuscendo a rimanere sui livelli alti del disco precedente, e non era cosa scontata
1. Cuore nero 2. Un figlio solo 3. Per diventare un fiore 4. Kaddish 5. Rinascere altrove 6. Ari la donna cigno 7. Oceani 8. Le nostra vigliacche parole mancanti 9. Più veloce di un saluto
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Articolo del
10/01/2022 -
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