Diego Cignitti in arte Cigno è un cantautore e musicista romano che dopo vari singoli ed esperienze live, approda ad un lavoro solista intitolato "Morte e pianto rituale", ispirato dall'omonimo saggio scritto nel 1958 da Ernesto De Martino.
Come il grande ricercatore, Cigno cerca di scoprire l'Italia di oggi attraverso il simbolismo del pianto, l'etnografia, la scienza, la magia, l'importanza del rito nelle nove tracce del disco. Arpeggi di pianoforte in stile classico tratteggiano "Colobraro" ("Il boia cieco a quindici anni infama le persone e l'amica depone le rose secche sull'altare, mi chiede obiezione il censore, passione per le pene umane") che poi diventa una marcetta ostinata e ossessiva tinta di elettrico e con la voce declamata e teatrale. "Protestanti" ("Bambole sudate, ferri neri ferri arrugginiti, piegano le piazze, urlano le schiene, strappano la pena delle danze") è intrisa di un martellante trip elettronico su cui si staglia un cantato suggestivo che lascia spazio alle chitarre distorte. "La terra del rimorso" è uno strumentale dove alla batteria incalzante si sovrappongono voci incomprensibili e acidi synth. Elettronica sporca di industrial aleggia nell'atmosfera ipnotica di "Mare nero" ("I poteri sono sempre tutti neri, vambiano le americhe ma rimaniamo schiavi, i ghenghe corrono al suon del caporale che agita il fucile ma nemmeno sa sparare") Il riff di basso incastrato alle percussioni e alle tastiere riecheggia odori di danze etniche in "La fine è l'acqua".
"Pietra sprecata" è un altro strumentale sostenuto da una tagliente chitarra acustica che ricama arpeggi in un'atmosfera delirante tra voci intersecate ed elettronica aliena. "La classe operaia va in paradiso" ("Lavorare per i soldi e con i soldi naufragare, andrà tutto bene, qui tutto è una legge, muoriamo ammazzati di calci, siamo figli dell'inail, facce toste da sopportare") col muro di suono ossessivo dei macchinari delle fabbriche è un tributo a Lulù Massa l'operario cottimista interpretato magistralmente da Gian Maria Volontè nell'omonimo film di Elio Petri del 1971 Batteria secca, basso pulsante, puro punk stile C.C.C.P. è tangibile nella rude ignoranza di "Postcapitalismo" ("Ridatemi la montagna, ridatemi la baionetta, la forca, la spranga.. Ridatemi le passaggiate, la voglia di Togliatti e le granate"). Atmosfera notturna e orientale, venti di guerra, strappi di chitarre acustiche e brandelli di elettronica accompagnano il finale strumentale di "Kabul". Un ottimo lavoro, apocalittico e postmoderno, con un filo rosso che unisce suoni sporchi a testi suggestivi, violenti, disturbanti. Un disco spiazzante, viscerale, ostico, che non lascia affatto indifferenti.
Il Cigno è tritolo pronto ad esplodere, è una colata di magma rovente contro il piattume di questi tempi. Benvenuti nel caos.
TRACKLIST
Colobraro Protestanti La terra del rimorso Mare nero La fine è l'acqua Pietra sprecata La classe operaio va in paradiso Postcapitalismo Kabul
Articolo del
11/03/2022 -
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