Quanto ci piace il viaggio nel tempo. Indescrivibile sensazione di eternità e di immediato contatto con la memoria di tutte le cose. Ci piace misurare l’immortalità… e la musica sa farlo. Accade sempre questo quando la tecnica del tempo corrente si misura con l’antico rituale dell’uomo, con la sua lingua primigenia, con i dialetti e le pietre secolari di una terra. E forse, vista la formula, avrei davvero esagerato con i due estremi… “Tempi Scueti” è il nuovo disco dei Vorianova, e penso alla commistione proprio tra futuro e passato, equilibrio precario ma vincente nel fascino narrato dal centro, dal presente, dall’oggi così liquido e non definito. E allora il duo di stanza ad Isnello, piccolo centro del palermitano, al secolo Biagio Di Gesaro e Alessandra Macellaro La Franca, raccoglie dalla provincia e dall’antico la ragione iniziale di questo disco. Ed ecco che l’elettronica è tutto senza lasciare spazio ad altro, un’elettronica ben misurata e di mestiere, una modo artigiano di pensare al futuro. Di Gesaro cadenza la voce con un modo da cantautore, con una espressività emozionata ed emozionale, a tratti in alcune chiuse ricorda Fossati, in altre Servillo quando gioca, quando danza, quando colora. E forse avrei scelto qualche strumento antico, di tradizione da mantecare alle macchine cibernetiche. Che poi anche se parlano i chip, il ricamo non si allontana mai dalla tradizione del pop e anzi sfoggia una forma decisamente attenta alle mode. Pensiamo al brano “L’invenzione” piena di sole e dal ritmo quasi latino… che nelle aperture in minore si sospende riportando alla luce, inevitabilmente, un Battiato mistico. L’impegno del “sentire” umano e sociale mi arriva (l’impegno civico anche) dalla bellissima “Farsu” e qui dimostrano anche di sapersi mostrare severi. Mi piace meno ad esempio il suono di “Semo stiddi”: qui probabilmente viene fuori un taglio più da karaoke midi e meno da disco lavorato. Erano queste le intenzioni? Forse… e di sicuro avrei evitato anche quelle soluzioni da trap/rap con Delay e ripetizioni vocali che fanno molto singolo neo-melodico - soluzione che ritrovo anche dentro “Ogni nenti” brano che però sfoggia ben altro suono. E di questa pasta sonora decisamente interessante è “Chiamami Rosa” (e pensando a Rosa torno a “Mokarta” dei Kunsertu) oppure il singolo “Salina” che tra l’altro sfoggia un taglio melodico davvero interessante, si fa forte la voce dei Vorianova quando apre le braccia a spazi aperti dentro contemplazioni di vita, corali. Come avrei usato una chitarra vera dentro “Cu sa se cancia”: mi manca un appiglio analogico, vero… e il risultato spesso non è così efficace. Il disco si chiude con “Chistu potti fari”, altra piccola perla di canzone d’autore in veste elettronica. Diciamo che “Tempi Scueti” poteva giocarsi carte ancora più importanti e impegnative, poteva curare dettagli di estetica e di suono per farsi davvero importante. Però la scelta di questo miscuglio di tecnica e di tempo è ambizioso e privo di didattica a cui appellarci. Forse l’avrei movimentato un poco di più visto che tutto il disco mette sul piano un vocabolario quasi sempre fermo sugli stessi ingredienti. Buon viaggio, tra passato e futuro.
Articolo del
11/03/2025 -
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