Le potenzialità di un concerto live sono, rispetto a quelle di un passaggio per il tubo catodico, praticamente decuplicate. E per capirlo sicuramente non avevate bisogno di me. Chiunque sia stato ad un live, infatti, avrà perfettamente compreso la duplice possibilità che quest'ultimo offre: far divertire contemporaneamente musicisti e pubblico. Da un live si comprende, nella sua totalità, anche "quello che una musica può fare".
Mi sembra abbastanza chiaro, dopo questo inizio, di quale live si andrà a parlare (se non lo avete ancora capito sinceramente mi chiedo come siate arrivati a leggere il mio articolo, ma comunque…).
Max Gazzè è un perfetto mix fra musica pop (di quella fatta bene), venature di elettronica e punte cantautorali. Lo show che ne viene fuori è un concerto nel quale è praticamente impossibile stare fermi o non cantare.
Uno spettacolo che vede in scaletta la giusta mescolanza fra i grandi successi del cantautore di origine siciliana, alcuni suoi pezzi meno mainstream (tipo "Raduni ovali", "Adesso stop" o "L'origine del mondo") e delle chicche come "Posso" (il pezzo fatto insieme a Carl Brave, ndr) ed una versione acustica chitarra e voce de "Il timido ubriaco".
Il concerto, a livello musicale, si snoda fra echi battiateschi ("L'origine del mondo", anno di pubblicazione 1998, "Gommalacca" era uscito un mese prima, nel live c'è una discreta affinità sonora) e sonorità più delicate, come la versione piano e fiati di "La leggenda di Cristalda e Pizzomunno". Proprio la sezione fiati (due trombe, un trombone ed un sax) impreziosisce buona parte dei pezzi, "La favola di Adamo ed Eva" ed "Una musica può fare" su tutti, e costituisce l'unica variazione consistente rispetto alle versioni da studio dei pezzi. A farla da padrone sono tastiere e synth, ai quali sono spesso affidati gli assoli. Batteria, una chitarra acustica, una elettrica quasi sempre col wah ed il basso spesso in delay completano l'opera.
Gazzè è vocalmente impeccabile e, di tanto in tanto, tira fuori un graffiato niente male. Intrattiene il pubblico presentando i brani, ci passa in mezzo mentre suona, scherza con gli altri componenti della band. Ed, appunto, suona. Uno spettacolo, col basso in mano fa letteralmente quello che vuole. Ha una tecnica col plettro non comune per un bassista. Riesce a suonare il basso come una chitarra e viceversa (l'arpeggio su "Il timido ubriaco" è assurdo, tutto suonato con le due dita). E poi slappa ed improvvisa, durante la lunga jam strumentale su "La favola di Adamo ed Eva" tira fuori "Seven Nation Army" dei White Stripes e la infila nell'assolo. Insomma, mostruoso.
La scenografia, invece, composta da soli pannelli rettangolari con un cerchio al centro, è animata da proiezioni che la rendono molto dinamica e gradevole.
Insomma, un concerto bello e coinvolgente, con un'unica nota stonata: a fine concerto, come comune abitudine della security delle zone del palermitano, tutti i fan che aspettavano Gazzè sono stati allontanati, di certo non troppo amichevolmente, dalla security. Tutti tranne il sindaco del paese, che ovviamente, forte del potere conferitogli dal suo ruolo, ha fatto entrare nei camerini amici e parentado di vario tipo ("bello schifo", aggiungerei, smettendo i panni del giornalista ed indossando quelli del fan di Gazzè). Alla faccia dei poveri mortali che aspettavano il buon Max.
Insomma, il caro sindaco si becca un bel due. A Gazzè ed al concerto, invece, va il mio nove. Stratosferici. Da vedere e rivedere.
Articolo del
23/08/2019 -
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