La musica è ripartita.
Anche se, in realtà, non si è mai fermata, neanche nei momenti più bui di questa pandemia globale che ha colpito l’umanità nel corpo e nella mente, andando oltre il velo intricato che le nostre paure e speranze avevano costruito in anni di vita. Ed ora, dopo mesi in cui i concerti erano stati sinonimo di dirette social o eventi online, finalmente anche io ho potuto ritrovare la comunione di visi, voci, e bellezza che la musica live dispensa. E’ stato come sentire il calore del sole sulla pelle dopo un tempesta durata mille e una notte.
La Casa del Jazz, luogo splendido nel cuore di Roma e teatro di alcuni dei concerti più interessanti in ambito jazz della capitale a cui ho potuto assistere, ha visto questo mio personale battesimo di ieri sera con il Francesco Bearzatti Tinissima Quartet. Autore in passato di alcune splendide opere a memorie delle vite di Malcom X o Tina Modotti, il sassofonista e clarinettista italiano si è questa volta spostato sul racconto di una delle figure leggendarie più carismatiche della letteratura e del cinema del 900, Zorro.
Ad accompagnare Francesco sul palco, altri tre musicisti che hanno fatto dell’estro creativo un marchio di fabbrica, ovvero Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso elettrico e Zeno De Rossi alla batteria.
Francesco, reduce da una caduta a cavallo, è sempre in primo piano, ora in piedi con il sassofono, ora seduto con il clarinetto, e nella scritta che campeggia sul gesso che porta al braccio, “Don’t Give Up! ”, è racchiuso anche il cuore della storia narrata in questa serata, quella di un uomo che non si arrende e lotta contro le ingiustizie, reali e corrotte come il virus che tutti abbiamo imparato a temere in questo irreale momento storico. I brani, inframezzati dall’introduzione di Bearzatti sul personaggio della mitologia di Zorro di lì a poco esplorato attraverso la musica, si sviluppano attraverso un dialogo serrato sempre in bilico tra l’avventuroso intreccio tra il sax e la tromba, con un Falzone coinvolgente nel suo porsi in scena e coinvolgere il pubblico, e la quiete apparente di un tramonto nel deserto della California dettata dal basso di Gallo e la batteria di Zeno, il tutto a delineare un tempo che è “fuori da ogni tempo”.
Si rimane seduti eppure gli echi di questi uomini e donne, veri o immaginari che siano, portano la mente ad attraversare l’oceano e a percepire con gusto i contrasti musicali laddove il racconto d’avventura è sempre pronto a lasciare il passo alla riflessione. E lì, in quei luoghi dove la famosa “Volpe” mascherata ed il suo cavallo Tornado si perdono dopo una fuga, mentre il cielo brucia nella morte di un altro giorno, proprio lì c’è la memoria ultima di questa serata.
La necessità di combattere per un nuovo inizio, al fianco degli oppressi e a ridosso dei tiranni, uomini o virus che siano.
Articolo del
09/07/2020 -
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