Gli Egyptian Blue sono una delle band più interessanti del filone post punk britannico. Il loro sound racchiude non solo la quintessenza del genere, ma procede anche verso altre direzioni sonore, abbracciando il groove più folle, la sperimentazione, la rabbia infuocata e distorta dei ritmi serrati e l'oscurità Eighties. Il gruppo, nato a Colchester e trasferitosi poi a Brighton, dopo una manciata di singoli ed EP, pubblica nel 2023, per la Yala! Records, il disco d'esordio “A Living Commodity”, protagonista, con tutta la sua potenza sonora, della serata al Monk di Roma.
Sul palco gli Egyptian Blue non deludono affatto le aspettative, offrendo ai presenti un'esperienza intensa e coinvolgente, all'interno di un live che alterna furia imprevedibile a quiete aliena, malinconia e forza, energia ed elettricità. E prendono anche forma e sostanza i testi della band, con tutta la loro profondità emotiva, sempre al confine tra rivoluzione e introspezione, alienazione e rabbia.
Ad aprire ci sono gli italiani alGot e la loro miscela sonora che va dal math al prog, passando per visioni jazzy, indie dall'animo italiano e lame post-rock. Arrivano poi le visioni circolari e le distorsioni contagiose degli Egyptian Blue e il loro muro sonoro modellato sulla melodia inquieta. C'è complicità tra i membri della band sul palco, mentre Andy Buss pennella i suoni con la sua voce graffiante alternata a quella evocativa di Leith Ambrose e alle chitarre infuocate, al basso corposo di Luke Phelps e al drumming rovente di Isaac Ide. In sala i livelli di decibel e di caldo si innalzano facilmente, tanto da far togliere la maglietta a Buss e Ide dopo un paio di pezzi.
La scaletta è poggiata in bella vista sullo stage, contornata quasi in maniera ritualista da un paio di birre, e durante il live passa in rassegna la loro produzione artistica, con brani dell'ultimo album e anche qualche inedito. C'è l'impeto di “Salt” e la forma post punk di “Belgrade Shade”, gli intrecci ritmici di “Geisha”, la furia emotiva di “A Living Commodity” e le esplosioni di “Collateral” e “Nylon Wire”.
Gli Egyptian Blue dal vivo sono “fottutamente malati”, prendendo in prestito le parole di Joe Talbot degli Idles che così li ha definiti. La band smuove il palco con energia pura e strabordante e con un'urgenza giovane, fresca e rabbiosa, tale da divenire linfa vitale e catartica per chi li ascolta.
Articolo del
05/10/2024 -
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