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Era una serata importante fra quelle previste dalla rassegna Migrazioni Sonore, interna al Festival Popolare Italiano, ideato e diretto da Stefano Saletti, musicista e compositore, noto per essere anche il leader della Banda Ikona, protagonista della scena world italiana. Il concerto di questa sera infatti ha visto in scena il Pejman Tadayon Ensemble, gruppo del pittore e musicista iraniano che vive in Italia ormai da anni, ma si mantiene sempre in contatto con la sua terra di origine.
Nativo di Esfahan, città d’arte iraniana, Pejman si è trasferito in Italia da giovane, sulle tracce di Michelangelo e di Leonardo da Vinci, e ha studiato presso l’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Poi si è trasferito a Roma e ha cercato di trovare punti di contatto fra la musica e la cultura tradizionale persiana e i nuovi stimoli a cui si era volutamente esposto qui in Occidente. Pejman Tadayon si è formato musicalmente a Teheran e una volta in Italia ha scoperto la difficoltà di far adattare gli strumenti della tradizione sufi - molto delicati e sensibili - alle temperature italiane.
Ciò nonostante non si è perso d’animo, ha modificato l’intelaiatura di certi strumenti e ha messo insieme un gruppo con il quale diffondere il messaggio universale della musica e della mistica Sufi adattandolo però a situazioni del tutto nuove e a orientamenti più moderni. La band è composta da Simone Pulvano, alle percussioni, da Massimiliano Barbaliscia, al santur, da Francesco Monti, alla viella, da Federico Pascucci, al ney e al clarinetto turco e dallo stesso Tadayon, alla voce, all’oud, al saz, al ney e al kamanceh.
Nel corso della serata sono state presentate al pubblico che ha affollato l’Auditorium del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali delle composizioni originali, scritte da Pejman negli ultimi anni, che fossero in grado di rispettare la tradizione sufi, senza però incorrere in rituali religiosi monotonali molto lunghi e di ricezione difficile.
Brani come “Zohreh”, “Saghi”, “Zahed”, “Sareban” e “Biman” hanno avuto una presa immediata grazie ad una base ritmica coinvolgente e a delle armonie molto intriganti. Pejman ha trasformato in testi musicali frammenti poetici tratti dalle poesie di Rumi, di Omar Khayyam, di Hafez e di Saadì e ha dato forma ad uno spettacolo molto godibile in un mix fra tradizione e attualità.
Tadayan è fiero delle sue origini persiane, della mistica sufi di cui è erede, ma non conosce il termine nazionalismo, non vuole sapere della parola “confini” e si muove fra Italia e Iran con naturalezza e con gioia, alla ricerca di luoghi d’incontro tra tradizione diverse, di un posto dove la musica popolare diventa testimonianza, racconto ed è capace di unire, invece che dividere
Articolo del
05/12/2025 -
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