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MGMT
Congratulations
2010
Sony
di Angelica Scardigno
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E Pulp Fiction fu. E forse anche Beach Boys. Però una punta di Bowie non si può ignorarla.
Gli MGMT con Congratulations sono il tutto e il contrario di tutto. Al loro terzo album dopo il bel Oracular Spectacular del 2008, il duo di Brooklyn mette in tavola tutta la preparazione musicale di cui possono vantarsi dando al popolo del Duemila un assaggio di quello che la storia della musica è stata.
It’s Working permette ai MGMT di comparire sulla scena col botto: ritmo incalzante e coretti da surf-rock, invitano al ballo di chiome e gambe, passando la palla a Song For Dan Treacy, con un suono più pulito ma molto vicino al psichedelico anni Sessanta. La macchina del tempo dei MGMT non si ferma però a Woodstock. Presto parte per gli anni Settanta degli Abba con Someone’s Missing: un climax apparentemente lento, da fine party, momento in cui gli innamorati si stringono. Trae in un piacevole inganno lasciando trapelare solo dopo qualche minuto che qualcosa sta per cambiare: ecco che le voci e le chitarre si fanno più potenti fino ad esplodere in sonorità da dancefloor di cui quasi sentiamo la nostalgia. I pantaloni si fanno a zampa, i capelli si cotonano, gli amanti si allontanano per scatenarsi in balli su pavimenti lampeggianti. Il ritmo si distende con Flash Delirium, rivelando che forse questi musicisti devono qualcosa al Bowie anni Ottanta: la voce si fa bassa e solo in alcuni punti viene interrotta da coretti alla Pink Floyd e melodie sixties. La velocità delle note non trova requie e la corsa al divertimento si fa incalzante fino ad esplodere in un disordine quasi punk. L’alternarsi di momenti vivaci e più soft si ripete nel corso dell’album in maniera calcolata ma opportuna fino a Congratulations, l’ultimo pezzo dell’album, dove lasciano l’ascoltatore tra gli applausi che, con questa prova, si meritano.
Non hanno innovato nulla e non hanno creato correnti nuove o nuove mode: ma hanno avuto il coraggio (non da poco) di lasciare a casa pretese da hit e rustici momenti lo-fi per creare qualcosa che piacesse, punto e basta. Hanno fatto del glam ironico, hanno proposto atmosfere sane e ingenue con una brillantezza pulita e colorata quasi come se ci si trovasse nuovamente ai tempi in cui il divertimento dello Studio 54 si faceva democratico. A questo punto, perché negar loro gli applausi?
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23/05/2010 -
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