Missione amarcord perfettamente riuscita per lo svizzero Philippe Pellaud, meglio noto come Kid Chocolat. Il personaggio in questione è un musicista e produttore nato a Ginevra 37 anni fa. Da sempre interessato al connubio tra cinema e musica, vanta svariate collaborazioni in ambito electro-pop. Non a caso i suoi precedenti lavori sono stati dedicati a Peter Sellers e Dario Argento.
Siamo, quindi arrivati al fatidico terzo album, Kaleidoscope: tredici tracce che si avvalgono della collaborazione di diversi musicisti del calibro di di Land Of Bingo, Love Motel e Mlle Shalala. E’ un disco estremamente godibile, di quelli che si mettono nel lettore più volte per essere ascoltati dall’inizio alla fine. Il progetto in questione ha diverse frecce nel suo arco. Il primo fattore che colpisce l’ascoltatore è l’eterogeneità dei tredici episodi che compongono questo lavoro. Più che un lavoro solista, sembra una compilation quasi si trattasse della colonna sonora di un film. La cosa potrebbe far storcere il naso a chi è abituato a considerare un disco come un’opera omogenea (ed il sottoscritto è tra questi). In questo caso, devo ammettere che uno spiccato gusto melodico ed un perfetto equilibrio tra una traccia e la successiva, rendono il multi-stile punto di forza di Kaleidoscope. Come dire che nella vita tutto potrebbe essere il contrario di tutto! L’ambivalenza è, quindi, la risultante di tutto questo. Il disco funziona alla grande sia in una atmosfera lounge, messo, cioè, di sottofondo in una serata tra amici, ma anche come scaletta ideale in una serata disco all’insegna del buon gusto musicale. Ad ogni modo Kaleidoscope offre il meglio di sè se ascoltato in cuffia attentamente. E sono tre quarti d’ora di elettro pop pulsante, fortemente influenzato da un certo revival in voga a cavallo tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta, quello, per intenderci, ricco di psichedelia tribale, drum machine lo-fi, organi e tastiere vintage anni Sessanta.
Tengo a precisare che i tredici episodi che compongono questo lavoro sono tutti di ottima fattura. Si parte con Rosemary Brown Ghost, un punto di incontro tra il post punk ed Henry Mancini. Si prosegue con le tinte Stone Roses di Let’s Form A Party e di I’m Standing per poi approdare al pop Madonnaro di The Chains. La successiva Lot Of Love ha un groove irresistibile e sembra, in tutto e per tutto, una hit uscita dalla penna degli Eurythmics. Generation Admin e Get You A Dream sono un nostalgici tributi alla psichedelica californiana in purissimo Magnetic Fields-style.
Per finire, voglio citare una cover: Unbelievable. Si tratta di un hit danzereccio degli inglesi EMF che ha spopolato più di vent’anni fa nelle discoteche di tutto il mondo. In questo caso, la cadenza vocale è iper-sussurrata quasi a voler infondere al brano ancor più carisma e sintomatico mistero e, mentre l’elettronica pulsante fa l’occhiolino alla techno, la mia memoria vola nelle Baleari, a Santa Ponza, nel regno che fu di Facondo e Passeretta.
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