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Primal Scream
More Light
2013
First International
di Daniele Flamini
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Il 2013 verrà ricordato come l’anno dei grandi ritorni. Prestigiose firme che hanno fatto la storia della scena musicale inglese (e non solo) come Suede, Bowie, New Order, My Bloody Valentine riemergono dopo anni di assenza dalle scene riproponendo, con il loro solito savoir faire e stile, sonorità che in passato hanno dominato le classifiche di tutto il mondo pronte ad imporsi prepotentemente, chi più chi meno, nel nuovo mercato discografico. I Primal Scream di Bobby Gillespie, questa volta però orfani di Gary "Mani" Mounfield (da poco tornato assieme ai suoi Stone Roses), non sono sicuramente da meno e tornano, a cinque anni di distanza da Beautiful Future, con More Light (fuori per la loro etichetta First International). Un album fortemente riconoscibile ma mai nostalgico o scontato che conferma la superiorità oggi di una delle rock band più creative ed ambiziose. Un progetto affascinante, molto più psichedelico dei precedenti e quasi fuori dal tempo, che ammicca al passato ma che si proietta efficacemente nel presente grazie a trascinanti e coinvolgenti sessioni ritmiche che si dipanano in un continuo ed avvincente loop di contrazioni e distensioni che vanno a comporre la spina dorsale di tutte e 13 le tracce (18 più un remix nella versione deluxe in doppio cd) sulle quali vengono mescolati i più disparati generi e sonorità fatte coesistere tra loro con una naturalezza quasi spiazzante.
L’album si apre con 2013 ed il suo giro di sax che si stampa subito in testa posandosi su un tappeto di chitarre distorte (una delle quali appartiene a Kevin Shields dei My Bloody Valentine) e ritmo cadenzato per poi mutare completamente nell’ipnotica ed orientaleggiante River Of Pain. Le due tracce creeranno un’avvolgente e coraggiosa intro di 16 minuti che farà da apripista alla fase centrale dell’album. Un cuore pulsante al ritmo funk dai riff acidi di chitarra in Culturecide aggressiva e sfrontata nei suoi testi di protesta sociale, seguito dalle impressioni shoegaze di Hit Void, le ondeggianti sfumature psych di Tenement Kid e la ritmata Invisible City con i suoi richiami garage/post-punk. A metà album si tira un po’ il fiato sulle atmosfere soul bossa-nova e gli assoli di sax della sensuale Goodbye Johnny fino ad arrivare al blues elettrico e grezzo di Elimination Blues con il signor Robert Plant che spunta casualmente tra i backing vocals. Variazione ritmica non solo tra un brano e l’altro, ma anche all’interno dello stesso, come nel caso dell’imprevedibile Relativity, traccia impazzita che parte quasi sottovoce per poi esplodere improvvisamente in un noise-rock martellante e psicotico. In chiusura la contagiosa It’s Alright, It’s OK singolo di lancio dell’album che ha fatto letteralmente impazzire i fan della prima ora col suo groove a metà strada tra un gospel moderno ed una Simpathy For The Devil condita in salsa screamedelica.
More Light si presenta quindi come un immenso mosaico armonico costituito da un insieme smisurato di piccoli differenti tasselli musicali egregiamente smussati e incastrati tra loro. Dopo la sbandata presa con con i due precedenti album Riot City Blues e Beautiful Future passati velocemente in sordina, i problemi di droga ed alcool per non parlare di quelli economici, i Primal Scream sono pronti a lasciarsi tutto alle spalle e strappare il biglietto di sola andata verso l’olimpo dei mostri sacri presenti nel panorama musicale europeo contemporaneo con quello che Mojo definisce “il disco più soddisfacente dai tempi di Screamedelica”. L’urlo primordiale di Bobby Gillespie & Co. è tornato decisamente a farsi sentire.
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21/05/2013 -
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