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"Beyoncé" , la donna più influente del mondo della musica, sbaraglia di nuovo le aspettative di quanti attendessero da mesi l’uscita del suo nuovo album. Il noto spirito da imprenditrice di Queen Bey pare averla guidata ancora una volta verso il successo. Insieme al marito Jay-Z e alla crew di noti artisti che la supportano come Pharrell Williams o Justin Timberlake, lancia da diversi anni quelli che diventano inequivocabilmente i trend sonori dominanti. Questa volta, persino la strategia promozionale ha sovvertito i normali processi discografici. Il 13 Dicembre 2013 l’album è infatti sbarcato direttamente su iTunes, senza alcun annuncio preventivo, arrivando in copia fisica nei negozi con ben sette giorni di ritardo (20 dicembre 2013). Il Beyoncé Visual Album nasce dalla voglia di riscattare ciò che negli ultimi anni è andato perso nella musica pop. Questo è quello che l’artista stessa afferma nel primo di cinque video di presentazione del progetto, pubblicati sul suo canale "Youtube" . L’idea concettuale dell’album vede come obiettivo il recupero dell’esperienza musicale, attraverso il contatto diretto tra artista e fans. Beyoncé racconta di aver desiderato intensamente che la gente fosse libera da condizionamenti nel costruirsi una propria impressione circa il lavoro svolto. Dice che l’album doveva considerarsi pronto nel momento in cui lei stessa fosse stata pronta per condividerlo con il suo pubblico e che nessun altro eccetto lei avrebbe dovuto stabilirne preventivamente l’uscita. Visual perché è costituito principalmente di immagini e si sa, le immagini sono il mezzo comunicativo più potente in assoluto. 14 canzoni e 17 Video, girati tra una pausa e l’altra del Mrs. Carter Show World Tour, da brava stakanovista qual è sempre stata. L’album vede una marea di collaborazioni: Harvey Keitel, Chimamanda Ngozi Adichie, Hype Williams, Jake Nava, Melina Matsoukas, Pierre Debusschere, Jonas Arkelund, Ricky Saiz, Terry Richardson, Jay-Z, Ammo, Boots, Pharrell Williams, Justin Timberlake, Timbaland, Drake, Detail, The Dream, Sia, Frank Ocean, Kelly Rowland, Michelle Williams, Tina Knowles, Blue Ivy Carter. I colori, i suoni, le influenze musicali, le forme artistiche, gli outfits, le tematiche e gli stati d’animo di quest’album ti danno l’illusione di assistere ad una vera e propria esplosione. Lo compri con la convinzione di portare a casa qualcosa di bello, ma nei limiti dell’ordinario e invece…? Invece, con la giusta dose di apertura mentale (che nell’ascolto di musica non è mai abbastanza), ti rendi conto che si tratta di qualcosa di più. La Beyoncé di quest’album è una donna da poco entrata nei ‘thirties’, è una moglie, è una mamma, è una ragazza che ha realizzato i suoi sogni di bambina. È una femminista…sì, sì, una femminista, avete capito bene. Mica siete ancora fermi alla questione della mercificazione del corpo femminile? Il corpo è suo, lo gestisce da sola ed anche piuttosto bene pare; inoltre rimarca il diritto di una donna ad essere qualunque cosa voglia in brani come ***Flawless. La canzone si definisce nei suoni con le tipiche atmosfere del clubbing su cui graffia la voce gangsta-female di una Beyoncé incazzata che protegge her shit; particolarità del brano è il sampling del discorso della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, "We Should All Be Feminists " . Pretty Hurts, la traccia d’apertura dell’album, racconta invece quanto gli ideali di bellezza imposti dalla società, attraverso l’industria cosmetica o la chirurgia plastica, rendano schiave le donne di mezzo mondo, distruggendone la psicologia. Brano pop dalla cadenza sincopata, distende un tessuto sonoro leggero che si intreccia con la potenza vocale di B. Ghost/Haunted e Heaven sembrerebbero l’una il rovescio spirituale, musicale ed artistico dell’altra. Dal punto di vista visual è sicuramente così; nel primo video lo scenario è demoniaco e amaro al punto tale da condurci verso la comprensione della line «cause all the shit I hear is boring/all the shit I do is boring, all these record labels boring/I don’t trust these record labels». Heaven è invece un canto spirituale con accompagnamento al piano e andamento ritmico ciclico, intensificato da echi e cori tipici del gospel. No Angel sembra riprendere i canoni stilistici del pop di qualche anno fa; la ripetizione del ritornello sarebbe quasi fastidiosa se non fosse per i bassi sparati al massimo e rinnovati successivamente da una melodia che circostanzia l’intero brano. Bassi a palla anche in Yoncé/Partition dove lo stile della canzone è tutt’altro: reggae/dancehall. In Jealous e Rocket si lasciano momentaneamente da parte gli esperimenti e si ritorna a delle sonorità calde che ricordano una Beyoncé nemmeno troppo lontana. La prima con una spettacolare prod. di Detail e la seconda con un arrangiamento R&B di Timbaland in cui la voce dell’artista si propaga in ogni angolo. Con Superpower ft. Frank Ocean facciamo un vero e proprio tuffo nel passato. Arriviamo fino alla Beyoncé delle Destny’s Child, per i suoni ma soprattutto per lo spirito da amazzone; per gli abiti, il make-up e i capelli del video, all’interno del quale, ad un certo punto, a vivificare quest’immagine ci pensano le stesse Kelly Rowland e Michelle Williams che compaiono rispettivamente alla sinistra e alla destra di Beyoncé. Degno di nota il brano Mine in collaborazione con Drake. Il video è minimal, essenziale. Coreografato in stile contemporaneo, abbellito da veli che diventano essi stessi una coreografia a parte. Affronta un altro aspetto della femminilità come la depressione post-partum. L’abito musicale della canzone è anch’esso essenziale, intimista, per il primo minuto e 30. Successivamente irrompe il flow di Drake e la musica si fa leggermente più rude, quasi tribale, per ritornare poi più morbida, sul filone R&B e ancora, intrecciando le due linee musicali del brano fino alla fine. Blow. Viene da sorridere mentre la si ascolta. Non è necessario leggere che è tutta opera di quel geniaccio di Pharrell Williams (che tra un po’ verrà istituito a genere musicale a sé stante), perché si nota nel ritmo dance retrò e nella metrica del testo, cantato e ballato da un’ironica B, che lo riconsegna come se fosse una bubblegum dance anni ’90. La traccia di chiusura dell’album è Blue, una ninnananna dedicata alla figlia, Blue Ivy Carter, che vede la sua partecipazione sia nell’audio che nel video. I due singoli pubblicati il 16 e 17 dicembre sono XO e Drunk in Love ft. Jay-Z. Da un lato colori, sorrisi e ritmi aggreganti, come il lunapark di Coney Island in cui è ambientato il video. Dall’altro, scenario in bianco e nero e rime taglienti, diventate, in men che non si rappi, oggetto di controversie e catalizzatrici di attenzione. Del resto, non è che questo progetto discografico ne avesse bisogno.
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