Pipers Juliet Grove  2014  Pippola Music di Daniele Bagnol

Anche i Pipers sono una di quelle band italiche che guardano al Regno Unito con gli occhi di un bambino che ammira il viso della madre. Napoletani, nati nel 2007, il loro suono – ed un disco di esordio ben recensito – si smussa con il tempo fino ad arrivare a questo Juliet Grove che mette alcuni paletti sia nei riferimenti musicali, sia nella direzione presa per il resto della strada da percorrere.

Il brit folk è una strada già battuta abbastanza, ma i Pipers lo maneggiano con arguzia e destrezza: quasi mai marcando la mano, mai copiando spudoratamente, attraverso un punto di vista esterno di chi è cresciuto con quell’immagine ispiratrice ma che in fondo, coscientemente, inglese non è: e questo non giocare troppo a fare gli albionici è un buon punto di vantaggio per il gruppo napoletano.
Juliet Grove infatti non è un lavoro che inneggia alla superiorità della musica britannica come se ne trovano a carriolate ormai, stavolta al centro della scena ci sono questi tre ragazzi e la loro esperienza nei sobborghi di Wolverhampton riversata nei testi e nelle sonorità. Dieci brani che scorrono senza riempitivi, lineari e fedeli alla forma canzone, tra ballate in stile Badly Drawn Boy di About A Boy e introspezione à la Turin Brakes, o Ocean Colour Scene di One From The Modern; a mio avviso qualche esagerazione negli arrangiamenti, a tratti troppo marcati che rendono alcuni brani ricchi di pomposità, in contrasto con la loro natura intima.

Un disco malinconico in buon equilibrio, l’odore dei campi d’erba bagnati dopo una giornata uggiosa, ma uno spiraglio di sole che fa capolino tra le nuvole ed inizia ad asciugare la rugiada.

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17/02/2014 -  ©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati