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Emanuele Galoni, in arte gaLoni è finalmente tornato dopo il debutto di Greenwich, ma a dire la verità non se n’era mai andato, perché ha sempre continuato a scrivere, ed è questo credo che contraddistingue i veri artisti, continuare a comporre incessantemente musica, storie, senza mai fermarsi, perché la musica è la loro linfa vitale.
Sempre sulla scia di Greenwich e con la preziosa collaborazione di Emanuele Colandrea, degli Eva Mon Amour, gaLoni prosegue il suo viaggio con 11 pezzi che parlano di storie vissute nel quotidiano, con quella poeticità e surrealismo che solo gaLoni sa regalarci, con estrema naturalezza. Armonica, voce e chitarra, come nel primo lavoro, ma questa volta arricchite dal basso di Valerio Manelfi e da altre sonorità come il violino, il pianoforte ed il contrabbasso che hanno contribuito a realizzare un album di un’eleganza unica. Oggi guardavo un documentario sui vulcani e quando ho sentito le parole “potenza espressiva” mi è subito venuto in mente Troppo bassi per i podi; sì, perché è quello che penso di questo lavoro e di questo cantautore. Ogni singolo testo, accompagnato dalla vocalità intensa di gaLoni è pura poesia. Non posso stare a dilungarmi troppo su ogni singolo brano, altrimenti faremmo notte; per come la vedo io, ognuno di noi troverà all’interno dell’album i suoi pezzi preferiti, semplicemente rispecchiandosi o innamorarsene perdutamente. Ballata sulla gru, Tu dì loro che sto bene, Autostrada per i cani e Il migliore dei cecchini sono, decisamente, quelle che mi hanno colpito dritto al cuore.
«Ricordi mi dicevi nemmeno il migliore dei cecchini è capace di colpire la tua sensibilità, metti via il metal detector, non siamo mai troppo vicini, scava pure nel mio petto, dormi pure sul mio petto, ti giuro non esploderà». gaLoni ha colpito ancora una volta.
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