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«Io cerco un centro di gravità almeno momentanea».
Non è la storia di un viaggio. Questo disco è la storia di un ritorno. Dopo molti mesi in viaggio a vagabondare «come una bellissima Odissea che nessuno si ricorderà», Vasco Brondi, aka Le luci della Centrale Elettrica, è tornato nella sua Emilia, precisamente a Ferrara. Ed è proprio nella sua città che ha ritrovato il desiderio e l’urgenza di scrivere. Mentre molti giovani italiani fanno le valigie e se ne vanno all’estero alla ricerca di un sogno, di un lavoro, del loro “proprio posto”, Vasco è tornato fra l’Emilia e la Via Lattea, «qui dove anche le rondini si fermano il meno possibile, qui dove tutto mi sembra indimenticabile», frase che troviamo nell’ultimo pezzo del disco, 40 Km, che descrive l’amore-odio verso la propria città natia, la stessa emozione che proviamo un po’ tutti abitanti di provincia. Ce ne vorremmo andare, vogliamo scappare, ci lamentiamo e lo malediciamo ogni giorno, ma quando ne siamo lontani ci manca. Ci mancano le facce e i paesaggi familiari, ma soprattutto ci mancano i ricordi, quelli indelebili, trascorsi esattamente lì.
A differenza dei precedenti lavori, dove il parlato e le urla brondiane prevalevano con la sua chitarra, qui si cambia totalmente, grazie in primis, alla collaborazione e produzione artistica di Federico Dragogna dei Ministri, con l’utilizzo di sonorità come archi, fiati, beat elettronici, il violino elettrico di Rodrigo d’Erasmo (Afterhours), il pianoforte, fisarmonica e clarinetto di Enrico Gabrielli (Calibro 35, Mariposa), con la partecipazione di Giorgio Canali nella scrittura delle musiche di Le ragazze stanno bene, e dove la voce di Vasco, in ogni singolo brano, si trasforma in melodia, sperimentando nuove frontiere del cantato. 15 storie di provincia, che continuano a girare in loop nel mio giradischi, storie vere, contrapposte a quelle luci della centrale infangate da questa società, 15 stelle pronte ad indicarci la via, la strada giusta da percorrere. Non a caso il titolo dell’album, Costellazioni, è un chiaro segnale, con lo splendido artwork di Gianluigi Toccafondo, che, fatemelo dire, lascia senza fiato. La speranza per questo futuro è davanti ai nostri occhi. «E ti accorgi che nel disastro il futuro era sempre lì a sorriderci». «E forse si trattava di accettare la vita come una festa. E forse si trattava di dimenticare tutto come un dopoguerra». Costellazioni è un po' come La Grande Bellezza, il film di Sorrentino. Molti lo criticheranno, non ne capiranno il senso, ma chi saprà coglierlo in ogni sua sfumatura avrà in mano una ricchezza inestimabile. Questa ultima frase la dedico a Vasco, e chi vuol capire, capisca: «Lascia che questa luce ti conduca a compiere il tuo destino, e fidati del tuo istinto, non importa che cosa dicono gli altri». Sergio Bambarén
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