|
BENVENUTO SU EXTRA! MUSIC MAGAZINE - La prima rivista musicale on line, articoli, recensioni, programmazione, musicale, eventi, rock, jazz, musica live
|
|
|
|
|
|
The Notwist
Close To The Glass
2014
City Slang
di Giancarlo De Chirico
|
|
Il precedente album dei Notwist risale al lontano 2008, ma la bellezza di questo Close To The Glass è tale da giustificare una così lunga attesa. La band fondata a Monaco in Germania nei primi anni Novanta dai fratelli Marcus e Michael Acher, che vede l’apporto di Martin Gretchmann ai sintetizzatori, si è sempre caratterizzata per la scelta di soluzioni estreme, dall’iniziale hardcore punk, passando per il post-rock fino alla elettronica sperimentale. Ma adesso il gruppo sembra virare verso un compiaciuto pop rock, infarcito di elettronica, ma molto dinamico, dalla ritmica serrata e non privo di sorprese sul piano squisitamente melodico.
I Notwist hanno raggiunto nel tempo una maturità compositiva così completa che permette loro di manipolare a piacere ingredienti e generi musicali diversi, senza mai sconfinare in un prodotto vuoto e valido soltanto sotto il profilo commerciale. Certo, le radici del kraut rock sono ancora molto evidenti, ma il fatto che tutti gli elementi della band abbiano contribuito alla stesura di Close To The Glass ha aggiunto qualcosa alla loro creatività, senza togliere assolutamente nulla al resto, fatto di incursioni improvvise e di martellanti accelerazioni. Molto bello il blues elettronico che fa da sfondo a Run Run Run, per esempio, mentre sono cariche di atmosfera composizioni come From One Wrong Planet To The Next, Steppin’ In e perfino l’acustica Casino, un segnale chiaro della virata pop della band. Torna l’indie pop delle origini su un brano come Kong, dominato dal suono delle chitarre elettriche, mentre il beat ossessivo sinonimo dei Notwist ritorna alla grande su Signals e su Close To The Glass. Meraviglioso il fragore delle chitarre elettriche che introduce 7 Hour Drive, una ballata pop dinamica e sognante, ma dai contorni molto eleganti e moderni, neanche fosse l’ultimo Bowie.
Composizioni semplici in quanto a strutture armoniche, ma ricche di sfumature che rendono davvero appetibile l’ascolto di un album che suona benissimo, che non è mai condizionato dai suoi stessi eccessi, che trova sempre una strada da percorrere fra rock decadente, elettronica e musica pop. Un disco che sembra più accessibile - forse lo è - ma che contiene in se stesso tutto un alfabeto sonoro decifrabile da menti esperte e abituate a navigare sulle onde di una extra-territorialità musicale sublime ed irraggiungibile.
|
|
//www.youtube.com/embed/zK7QtuT31u4
25/03/2014 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|
|
|
|
|
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|