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Repetita iuvant, ma quando la reiterazione ritmica si trasforma in allucinazione divora tutto ciò che si trova davanti, facendosi spazio anche dentro gli Hartal. Li condiziona, percuote e lacera senza pietà. La prima portata di questo banchetto psicotropo è l’opener Uno che s’abbarbica a due riff fissi su cui pochissime variazioni, a opera dei sinistri suoni spaziali, fischiano nelle orecchie di chi si pone all’ascolto. Si continua con Bareboot Empire e, in un flash, tutto si dipana: sono gli Amon Duul che flirtano con i Velvet Underground. E questo è solo l’inizio, uno dei loro volti, abbiamo appena finito le prime due canzoni che già (ci) manca l’ossigeno, risucchiato definitivamente da Old Chiken Makes Good Broth, roba drogatissima e malata nata in un ambiente malsano, perfetto per la prolifer-azione di virus psichedelici. Sebbene le chitarre sferraglianti siano indispensabili per rafforzare la struttura di questo lavoro, è il basso tossico a coordinare il tutto. Nella sua annebbiata ‘fattanza’ ha ben chiaro la necessità di un suono pieno e robusto, condottiero approdato a lidi fumosi. L’ascia a quattro corde è un motore instancabile, e necessario, per questo viaggio nella spirale della Signora Droga. Onestamente più che un disco suddiviso in brani, sembra un’unica fottutissima session in stile Miles Davis, sballo e fase down si alternano a momenti di rigore assoluto e vette altissime. Non crederete davvero che questo disco sia solo un frutto maturato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, vero? Cazzate. Attraverso un lavoro che sfoggia, senza ostentare, un irresistibile fascino da monolite nero, gli Hartal! diffondono e difendono il loro tossico messaggio. Per quel che conta, e mi riguarda, non ho trovato un solo momento di stanca, i maledetti avranno scovato qualche formula magica segreta o magari un elisir, che gli autori di Mistero pagherebbero miliardi, per rimanere sempre svegli, non proprio lucidi ma abbastanza scattanti da ricacciare in un buco senza fondo il fantasma della noia. A Milano direbbero, forse, che questa è roba pesa(nte), che non si regge. I detrattori dal click facile si spingeranno, sì che lo faranno, a bollarlo come derivativo, perché il meglio della psichedelia è stato già detto, meglio sentirsi gli originali. Balle! Hartal! è un crogiolo dove confluiscono menti aperte, inutile insistere sul come le abbiano spalancate, ricche di cultura sparata in faccia, di lingue impastate che dicono la verità (Ogoniland). Hanno un nome bangla, suonano la psichedelia e il punk di periferia (dicono loro), per me sono da manicomio e trattamenti coatti, quindi sono perfetti. Rispetto. Dimenticavo, astenersi “Ahhh ma la psichedelia è morta con la dipartita artistica di Syd Barret”.
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