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Bombino
Nomad
2013
Nonesuch
di Manuela Santacatterina
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Dan Auerbach c'è e si sente. Ascoltando Nomad, prodotto dal leader dei The Black Keys, non si può fare a meno di notare come il tocco blues del musicista di Akron abbia influenzato il disco del chitarrista nigeriano.
Omara “Bombino” Moctar è una delle sorprese musicali più interessanti di questi ultimi anni. Nato in un paesino vicino Agadez, Nigeria, Bombino ha vissuto in prima persona gli anni delle rivolte Tuareg, costretto a vivere a più riprese sia come profugo che in esilio, ha imparato a suonare la chitarra da autodidatta per poi essere accolto sotto l'ala protettiva di Haja Bebe con il quale studia la musica Tuareg, unendosi al suo gruppo. Da pastore nel deserto decide di dedicarsi esclusivamente sulla sua carriera. Fonda Group Bombino e viene notato dal regista Roy Wyman che lo spinge a registrare il suo materiale. Nasce così Agadez, disco pubblicato nel 2011 che riceve buone recensioni e l'attenzione, tra gli altri, del leader dei The Black Keys, non nuovo alla veste di produttore (Dr. John, Michale Kiwanuka, Ray LaMontagne) . I due iniziano a lavorare insieme e il risultato è impresso in Nomad.
L'album, pubblicato dalla Nonesuch Records, è stato registrato dal vivo a Nashville in un progetto che ha visto coinvolti sia musicisti nigeriani che americani. Una sorta di cerchio musicale che si chiude dunque. Dalla musica popolare africana, attraverso i canti intonati nei campi di cotone dagli schiavi, fino al blues, suo diretto discendente. Quella di Nomad è l'unione di queste due realtà intimamente legate. Le canzoni del disco, contraddistinte da temi sociali e politici e cantate in tamashea (dialetto tipico delle popolazioni tuareg), sono in parte delle rivisitazioni di brani già presenti in Guitars From Agadez, Vol. 2. Ascoltando le “originali” e mettendole a confronto con la produzione di Auerbach è ancora più facile notare dove e come sia intervenuto il musicista. L'intero lavoro è improntato su sonorità elettroniche, blues e psichedeliche che si fondono con quelle classiche della musica tuareg. Azamane Tiliade ne è l'esempio perfetto. Chitarre elettriche e batteria riproducono un rock anni '70 che evoca però un immaginario esotico di matrice araba in un finale ipnotico. Le percussioni di Ahulakamine Hulan ci trasportano in un'atmosfera notturna, una danza ammaliante e reiterata che prosegue con la psichedelia etnica di Imuhar arricchita dallo xilofono introdotto tra l'assolo di chitarra e la base di percussioni. Con Niamey Jam il sound si arricchisce di sfumature vagamente funky che diventano da ballata country blues in Imidiwan. Zigzan e Tamiditine, gli episodi meno “contaminati” dalle reminiscenze blues, ci accompagnano verso la fine del disco con le loro atmosfere oniriche e più dichiaratamente africane.
Durante l'esilio dal suo paese la sua chitarra era vista come un'arma e una minaccia dal regime. Bombino, invece, l'ha sempre imbracciata come uno strumento con il quale aiutare il suo popolo a costruire il proprio futuro. Un moderno Woody Guthrie del deserto.
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10/04/2014 -
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