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Sotto il consueto fuoco incrociato di recensori in deliquio e manifestamente poco realisti, probabilmente fan di lunga data, e altrettanti decisamente schifati, anch’essi quasi sicuramente fan della prima ora delusi dalla direzione presa dai Crematory negli ultimi – almeno – tre album, una dichiarazione rilasciata da Markus Jüllich è probabilmente una buona base da cui partire per un’analisi il più obiettiva possibile: il batterista, infatti, confessa che non è stato facilissimo lavorare sul nuovo materiale, in quanto le sonorità e i campionamenti di partenza erano ben lontani dall’avere una struttura definita e riconducibile ad un brano completo. Il che non sorprende, nel momento in cui si prende in esame ”Antiserum” come prodotto finito: anzi, per la precisione, l’impressione è che i giganti germanici del gothic, notoriamente un po’ in affanno nelle ultime produzioni, trovandosi per le mani dei frammenti disomogenei e apparentemente inconciliabili tra loro, siano andati un po’ nel pallone, ricorrendo in misura smodata ad uno schema di arrangiamento ormai collaudato, che gli ha consentito di mettere insieme un album industrial-goth passabile, nulla più, senza grandi sforzi di immaginazione. Peccato, perché se è vero che la maggior parte della materia prima si presentava in maniera frammentaria e potenzialmente incoerente, la potente (un tempo lo era) inventiva dei darkettoni tedeschi avrebbe potuto e dovuto intervenire a intessere quelle trame preziose che hanno fatto di The Fallen, Caroline e via dicendo dei veri e propri manuali del bel gothic. E questi, comunque, non sono certo i Crematory che hanno ispirato almeno due generazioni musicali e spianato la strada a un movimento sempre più popolare. Il concept vampirico post-apocalittico può sempre funzionare, ma in assenza tanto dell’aggraziato songwriting dei Crematory migliori, quanto della cappa massiccia, plumbea ed opprimente che spesso (non è una regola universalmente valida) rende interessante un lavoro industrial vero e proprio, potrebbero essere i Crematory come potrebbe essere chiunque altro. In sostanza, non accennano a disimpantanarsi dai ghirigori elettro-pop che hanno reso i loro lavori più recenti un po’ … boh. Delle influenze metal, inutile dirlo a questo punto, è sparita ogni traccia, sostituita da un buon groove, che però non può bastare a se stesso. Certo, non stiamo parlando di gothic tamarrato, l’eleganza dei tedeschi è indiscutibile e tracce come If You Believe e Antiserum , seppur prevedibili, mettono in campo il consueto corredo di splendide melodie imbevute di negatività e atmosfere cineree. Altre composizioni interessanti, più aggressive nell’impostazione generale, sono Irony Of Fate, Virus e la glaciale e futuristica Back From Fhe Dead. Apocalyptic Vision funge da intro e da manifesto per il sound dell’album, che di fatto, come già si è detto, non si discosta poi di molto dalle loro più recenti produzioni. Lo stesso, con l’aggiunta di voci molto effettate e di elementi industrial, vale per Until The End. Shadowmaker è il primo singolo estratto ed è facile capire il perchè di questa scelta: il groove è potente e l’alternanza di bassi, growl e tastiere pungente, sicuramente è una potenziale hit ma c’è qualcosa che lascia l’amaro in bocca. Inside Your Eyes e Kommt Näher tendono ad essere ripetitive, e complessivamente l’intero album somiglia pericolosamente a troppi altri, i cui autori non sono i Crematory e, presumibilmente, non dovrebbero neanche andarci vicino. Test di carattere insoluto. Ci sarà modo di dargli un’altra possibilità?
Tracklist: 1. Apocalyptic Vision 2. Until The End 3. Shadowmaker 4. If You Believe 5. Inside Your Eyes 6. Kommt Näher 7. Irony of Fate 8. Virus 9. Back From Fhe Dead 10. Welcome 11. Antiserum
Lineup: Felix – Vocals Matthias – Guitars & Vocals Harald – Bass Katrin - Keyboards & Samples Markus – Drums & Programmings
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