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Metronomy
Love Letters
2014
Because Music
di Valerio Di Marco
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Ogni generazione ha diritto alla sua piccola grande “antologia pop” da vivere in diretta, e il quartetto capitanato da Joseph Mount si candida ancora una volta a portabandiera dei nostri tempi. Dopo “The English Riviera”, i Metronomy sfornano un altro gustosissimo piatto a base di alt-pop infarcito di sapori retrò che rimandano qua e là indietro nel tempo e nello spazio come nella miglior tradizione tarantiniana applicata alla musica, tra citazioni e riferimenti vari. Radio-friendly ma infinitamente ricercati, moderni ma indissolubilmente legati ad un passato che fu. ”Love Letters”, quarta prova sulla lunga distanza del collettivo indietronica inglese, è un disco che spiazza per l’apparente semplicità dietro cui si nasconde quella folle “penna” che sa far sembrare semplici le cose più difficili e trasforma lo scarabocchio in firma d’autore. La pulsante vena creativa dello scompigliato Mount, mente e principale compositore di questo fantastico ensemble che sembra uscito dal nulla, non tradisce neanche questa volta e si diverte da matti ad infilare qua e là richiami alle fonti e alle fonti delle fonti regalandoci un'altra perla di cui andar fieri e che difficilmente resterà esclusa da quella top 10 di fine anno a cui ogni buon music-nerd inizia a pensare già dalla mattina del primo gennaio. E così, tra riferimenti velati all’elettronica più o meno recente di Air, Daft Punk e Four Tet, ecco spuntare la dance vintage e che più-tamarra-non-si-può di Giorgio Moroder, con annesso effetto hand-clapping d’annata (Boy Racers), l’elettro-pop anni ottanta di Human League e Soft Cell (Call Me, Reservoir), il trip-hop a tinte folk di The Beta Band, ma anche le gaie e frizzanti atmosfere tutte seventhies di ABBA e Supertramp (la title-track) e la proto-elettronica dei Krafwterk (Monstrous). Il tutto condito da improvvise e imprevedibili aperture pop che si sedimentano in testa fin dal primo ascolto e da una vaga attitudine arty che rimanda all'approccio intellettuale di Wire e Talking Heads, Ma c’è posto anche per episodi meno barocchi dove non ci sono orpelli a mascherare presunti bluff tra i quali si segnalano la magnifica Month Of Sundays, la byrdiana The Most Immacolate Haircut, e la splendida ballata conclusiva Never Wanted a ricordarci che semplicità e bellezza sono punti d’arrivo, non di partenza. E per entrambe, i Metronomy dimostrano di essere giunti quasi a fine percorso.
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20/04/2014 -
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