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Nuovo album per Hauschka, nome d’arte dietro il quale si nascondono il genio e la creatività di Volker Bertelmann, compositore tedesco di quarantasette anni, originario della cittadina di Femdorf, ma residente a Dusseldorf. Eccellente pianista con una formazione classica alle spalle, Bertelmann ha esplorato da adolescente prima i territori del rock e poi in un secondo momento l’universo della musica techno e dell’hip-hop. Nonostante fosse un ottimo studente di Economia, ha abbandonato l’Università per dedicarsi interamente alla composizione musicale e ha adottato il nome di Hauschka sia in onore del compositore boemo Vincenz Hauschka sia come divertente tributo ai prodotti per la pelle del Dr. Hauschka, ai quali ricorre spesso sua moglie.
Abandoned City è un album davvero particolare, che riesce ad essere elegante, sofisticato e sperimentale, senza mai perdere di vista sapienti armonie. Il disco sintetizza tutte le influenze e le esperienze musicali di Hauschcka, ma è capace anche di andare oltre. Da ascoltare, su tutto, Elizabeth Bay, il brano che apre l’album, una composizione fantastica che ti permette di viaggiare con la mente, di tracciare scenari futuribili e di immaginare quello che resta di città costruite per ospitare milioni di persone quando vengono abbandonate dagli esseri umani e risultano improvvisamente vuote. Un senso di cupa desolazione, e di solitudine, pervade questa composizione in cui Hauschka disegna le linee compositive di una sorta di nuovo romanticismo, che è quanto mai epico, corposo e forte. Il segreto dell’idea musicale Hauschka risiede tutto nel suono altamente percussivo, drammatico ed incalzante del suo pianoforte. Uno strumento che contiene una infinita gamma di suoni con i quali si combina, si mescola nei modi più diversi per poter poi riemergere attraverso brani davvero unici e molto originali. Il piano “preparato” di Hauschka esplora territori solo in apparenza lontani e ottiene risultati sorprendenti da mutazioni sonore a prima vista azzardate. Nastri adesivi, elastici, corde, martelletti, pezzetti di legno, gomme da cancellare, fogli di alluminio e palline da ping-pong conferiscono allo strumento nuove potenzialità ed estendono i confini espressivi delle sue creazioni musicali. Se aggiungiamo a tutto questo il ricorso ad una elettronica mai invadente, che conferisce atmosfere dense ed inquietanti ad ognuna delle sue composizioni, dall’esotica Agdam a Craco, fino a Barkersville e Sanzhi Pod City, abbiamo come risultato finale un album solo che suona come quello di una orchestra , infarcito di un diluvio di note che scuotono sul piano emotivo quanti si pongano all’ascolto.
La musica di Hauschka ha una grande valenza ipnotica, che non ti lascia tranquillo, che evoca suggestioni diverse, che parte da una matrice classica, passa attraverso la ambient music e arriva diritta ai confini del mondo fin qui conosciuto.
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