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Secondo full-lenght per i Foster The People, band di Los Angeles formata dal tastierista/chitarrista/cantante Mark Foster, dal bassista Cubbie Fink e dal batterista Mark Pontius. Reduci dal successo di critica e pubblico del loro ultimo lavoro (“Torches”, 2009), il trio, a partire dal 2012, ha portato avanti (e in giro per il mondo) la gestazione di “Supermodel”, uscito a marzo di quest’anno. Un album che, sicuramente, riesce a convogliare tutte le influenze musicali raccolte dal trio californiano durante il lungo tour mondiale, ma che non regge il confronto con il predecessore. Ambizioso dal punto di vista strettamente lirico e contenutistico – Are You What You Want To Be introduce subito l’invettiva sociale, fulcro del concept –, il disco si perde però in un bicchiere d’acqua con brani come Pseudologia Fantastica, un‘orgia umoristica senza né capo né coda, e The Truth, pezzo mid-tempo eccessivamente carico di sovraincisioni. Per fortuna il trio recupera terreno con alcune perle come Ask Yourself, racchiusa tra coretti naive, clapping di sottofondo e chitarre à-la Cure, e Coming of Age, brano decisamente eighties, molto vicino alle prime produzioni dei Talking Heads. Senza dubbio orecchiabile, adatto alle serate dancefloor e brillantemente prodotto, “Supermodel”, tuttavia, non trascina, non affascina e a tratti annoia, presentandosi eccessivamente ripetitivo e sconclusionato. Una freccia che non mira dritta verso la meta, ma vaga nell’aria rallentata da irrazionali deviazioni. I nostri “arcieri”, questa volta, hanno sensibilmente mancato il bersaglio.
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