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Si riparte da dove c’eravamo lasciati con l’ottimo The Seer, l’album precedente degli Swans di Michael Gira. L’approccio è praticamente lo stesso, il risultato - se possibile - ancora migliore: composizioni lunghe, tutte orientate verso un rock d’avanguardia che sfiora ripetutamente la musica noise, rintocchi che assestano colpi ben mirati contro la sottomissione e l’oblìo.
Il nuovo disco si intitola To Be Kind, ennesima iniezione di sarcasmo nei confronti di una umanità sempre più irriconoscibile e malata. La formula è quella di un doppio cd che si apre con i suoni martellanti ed ossessivi di Screen Shot per poi rallentare un attimo con i tredici minuti di una emozionante Just A Little Boy, una slow ballad che contiene echi blues, frammentati da fragori lontani e da elementi psichedelici. Segue A Little God In My Hands, un funky pesante e a tratti surreale, recitato come fosse un rito liturgico della Chiesa ortodossa! I trentaquattro minuti della successiva Bring The Sun / Toussaint l’Ouverture hanno semplicemente il compito di raggelare il sangue: un massacro vero, un’ondata di musica sperimentale e di furore orgiastico che si mescola con il canto ipnotico di Michael Gira e con un crescendo finale di creazioni dissonanti care alla musica di Glenn Branca. Decisamente diversa, con una struttura più acustica, la successiva Some Things We Do introdotta da una sezione d’archi che vede la partecipazione della viola di Julia Kent, ex Antony & The Johnsons, da sempre collaboratrice di Gira. Coadiuvato da una bravissima Little Annie, M. Gira canta stancamente un elenco delle “cose da fare” nella vita. Il brano, per quanto carico di assuefazione e di noia, è molto bello e riflette per intero lo stato d’animo di Michael Gira e degli Swans nei confronti di una società occidentale che conosce ormai solo l’abitudine del vivere, e non la sua pienezza.
Il secondo disco si apre con i suoni martellanti e tribali di She Loves Us, ben supportati da un basso elettrico che regola a dovere l’intera sezione ritmica: il canto di Gira è carico di influenze blues, ma è anche straniato e folle, come fosse frutto di uno stato di trance. Kirsten Supine è una ballata apocalittica, distaccata e fredda costruita sul nulla sotto il profilo armonico: si basa soltanto sul “talking blues” di Gira intervallato da duetti con St. Vincent, altra ospite di lusso del nuovo album. Oxygen è un pezzo volutamente poco commestibile, in cui le distorsioni rincorrono un tessuto armonico percussivo puntualmente interrotto dalle grida irritanti di Gira. Vocalizzi tipici di un rito voodoo introducono Nathalie Neal, nuova provocazione degli Swans, un brano affascinante, ricco di sonorità antiche e distanti, che si evolve in un crescendo memorabile in cui chitarre distorte si innestano in una ambientazione altamente percussiva, in apparenza senza scampo. Molto bella anche la conclusiva To Be Kind, un brano molto lungo che inizia con i ritmi di una slow ballad ma che poi si lascia travolgere dal rumorismo più nero, dalla negazione di una qualsiasi soluzione armonica ed esprime per intero il suo tributo al Fragore, unico punto di riferimento in una realtà che ci sfugge continuamente.
Un album maturo, pesante, che rifiuta ogni compromissione, un disco che consacra definitivamente gli Swans come i nuovi Signori di un rock decadente, malevole ed oscuro che ha visto emergere prima di loro soltanto gli Stooges, dei quali restano gli unici e soli discendenti.
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