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Billy Joe & Norah Jones
Foreverly
2013
Reprise
di Francesca Ferrari
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Ci si stupisce tanto che un personaggio come Billy Joe Armstrong dia in escandescenze ai concerti, faccia dentro e fuori da centri di disintossicazione e cose simili, ma a volte la carriera va dove in realtà la volontà di un artista non vorrebbe andare, o per lo meno così mi piace pensare. Iniziare una carriera poco più che diciottenne e vedere i tuoi coetanei seguirti, comprare i tuoi dischi scanzonati, irriverenti, di ispirazione punk, portare i capelli verdi e le Convers distrutte e per di più vendere milioni di dischi e spopolare su MTv è il sogno di tanti ragazzi che imbracciano una chitarra. Certo poi crescere sia anagraficamente che musicalmente, arrivare a fare un album più maturo come “American Idiot” è l’inizio della fine perché il cerchio sembra spezzarsi e il tuo pubblico torna a essere una massa di quattordicenni che guardano più alla tua immagine – che negli anni si è fatta più studiata – che alla tua musica, e allora ecco canzoncine d’amore smielatamente pop da classifica e i vecchi fans che iniziano a sentirsi troppo vecchi per comprare dischi del genere o andare ai concerti. Questa è più o meno la parabola dei Green Day di Billy Joe Armstrong, o per lo meno quello che penso - o meglio spero - da fan di vecchia data. Deve essere assolutamente frustrante, e allora ecco ogni tanto qualche progetto parallelo per ricaricare le batterie, come i Foxboro Hot Tubs, un tuffo indietro fino ai vecchi Green Day. Sulla scia di tutto questo è arrivato a fine 2013 ”Foreverly”, un album in pieno stile Country Folk in cui Billy Joe duetta con Norah Jones, accoppiata quanto meno strana (ma dopo aver visto Suor Cristina che ha vinto The Voice con J-Ax niente sembra più così strano!) ma dal gradevole impasto vocale. Si tratta di un progetto di cover di canzoni tradizionali americane fatto già a fine anni '50 dagli Everly Brother e ora riproposto dal duo mainstrem. Che sia un’operazione commerciale, una valvola di sfogo, un’operazione di ripulitura, finalmente è un album che si può ascoltare anche se dai banchi di scuola e l’acne è passato qualche anno. Certo non urliamo al capolavoro, ma solo prendiamo atto che forse il disadattato personaggio di Basket Case è ancora vivo da qualche parte nella testa del signor Armstrong, anche se con l’età ha imparato a giocare secondo le regole dell’industria musicale. Se non vi piace il genere o se non vi piace la voce di Billy Joel, non ascoltatelo. Non ascoltatelo neppure se avete pregiudizi sul progetto. Chi grida alla mera manovra commerciale si ricordi una cosa, che nell’industria discografica i buoni propositi pagano poco, perché essendo un industria si basa su un modello di business in cui le vendite sono quelle che fanno la differenza. Quindi godetevi quello che vi piace, e mettete tutto il resto da parte.
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30/06/2014 -
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