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Susan Clynes è una voce nuova nel mondo del jazz, proveniente dal piccolo e multiculturale Belgio. Figlia di un compositore e pianista australiano-americano, la Clynes è cresciuta fin da bambina in un mondo immerso nella musica. Precoce musicista, ha pubblicato il suo primo album, “Sugar for a Dream” nel 2005, all'età di diciassette anni. Dopo aver conseguito un Master in composizione al Conservatorio di Gent, la ritroviamo nel 2014 con questo piacevolissimo “Life Is...”, un secondo debutto a suo modo, in quanto primo disco pubblicato per la newyorkese Moonjune Records. Particolare e sorprendente, “Life Is...” non è un album in studio, ma un live che racchiude il meglio di tre esibizioni differenti: due tenute all'Archiduc, un bar storico di Bruxells, in stile Art Deco, accompagnata prima dal batterista Nico Chkifi e dal bassista Pierre Mottet, poi dal violoncellista Simon Lenski; la terza esibizione è, invece, una performance solista registrata alla Biblioteca del Centro culturale di Bree, sempre in Belgio. Tre concerti molto differenti tra loro, che riflettono l'anima sfaccettata dell'artista in questione: ottima compositrice, cantante di talento e pianista virtuosa. Pervaso di ottimismo e positività, il disco riesce ad esprimere amore per la vita in ogni singola traccia, dall'ansiogena ed illogica Les Larmes, lungo brano quasi del tutto strumentale che prova a dar voce all'impotenza e al dolore che affliggono l'essere umano di fronte a un conflitto controverso come quello israelo-palestinese, alla gioiosa Ileana's Song, dedicata alla figlia Ileana, nata nel 2012. Alla lunga, risultano meno convincenti rispetto agli altri i brani più vicini ad un jazz contemporaneo, ovvero quelli accompagnati dagli strumenti ritmici (A Good Man oltre alla canzone per Ileana). I momenti di maggiore pathos sono regalati dalla collaborazione con Lenski che, in Pingeon's Intrusion, ma anche nella già citata Les Larmes, assume una forza impressionante, espressione di un'intesa naturale frutto di una comunanza di talento e capacità di comunicare emozioni. In entrambi i pezzi il violoncellista riesce a creare uno sfondo sonoro elegante ma spesso tendente a un certo “rumorismo”, senza tuttavia distrarre l'ascoltatore dalle linee più ordinarie e melodiose della Clynes. Nei brani tratti dall'esibizione solista, invece, Susan lambisce l'emotività dell'ascoltatore offrendo ballate tanto leggere quanto sofisticate, che trovano una sintesi concreta nell'opener Life Is come nella finale Butterflies, raggiungendo l'acme qualitativo nell'intensa Tuesday Rain. Dal punto di vista strutturale, bisogna sottolineare come appaia più che giusta la scelta di mischiare i brani tratti dalle varie performance. Tuttavia il missaggio, legando le diverse tracce e soffocando per quanto possibile i rumori di sottofondo, piuttosto che offrire una sensazione di unità, toglie all'album la carica tipica di un disco dal vivo, proponendoci una specie di soluzione intermedia non accattivante. In fin dei conti, però, tale limite risulta veramente sterile a fronte di un'opera tanto apprezzabile, e dunque non val la pena innalzarlo a vero e proprio difetto. “Life Is...” è un prodotto musicalmente e culturalmente valido: tanto basta a renderlo arte.
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