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Chi l'avrebbe detto che, dopo neanche due mesi, la strana coppia Eno/Hyde se ne sarebbe uscita con un altro album, dopo "Someday World", uscito a maggio? Evidentemente la collaborazione tra i due era così pregna di creatività da non riuscire a stare su un disco solo.
Infatti, come ha spiegato recentemente Eno, terminato il primo album, lui e l’ex-Underworld non se la sentivano di chiudersi la porta dello studio alle spalle ed entrare in modalità “promozionale”. C'era ancora del lavoro da fare, altre idee da sviluppare che altrimenti gli sarebbero rimaste in testa come mosche che ronzano freneticamente alla ricerca di una via d’uscita. E il risultato è un disco che in certi punti supera addirittura il predecessore.
Sì perché guai a parlare di scarti, "High Life" è un disco vero che, seppur registrato in soli cinque giorni e per la maggior parte dal vivo, è una miniera di occasioni colte alla grande. Eno ha trattato in gran parte in presa diretta i suoni ottenuti dalla chitarra di Hyde, facendo con lui quello che fece con The Edge ai tempi di "The Unforgettable Fire", cioè prendere in “ostaggio” un chitarrista, rinchiuderlo in uno sgabuzzino e utilizzarlo per i suoi esperimenti sonori. Ovviamente, però, di rappresentazione simbolica si tratta poiché anche in questo caso l’intesa con l’”altro” ha funzionato alla perfezione e il mutuo scambio tra i due ha reso il processo di realizzazione molto più fluido, dando corposità alle sei tracce del disco.
Ma "High Life" è anche un album di canzoni (nel senso estensivo del termine) che rimanda al passato più o meno recente di Eno, riprendendo certi temi cari al nostro come, ad esempio, i suoni dell’Africa, richiamati fin dal titolo (l’“highlife” è un genere musicale nato in Ghana alla fine del secolo scorso che mescola elementi pop e jazz), o la predominanza delle chitarre, ovviamente processate. Perché non sia mai che Eno si accontenti di suoni già sentiti.
La prima traccia, Return, è un manifesto in questo senso, in quanto si regge per tutta la durata sulla ripetizione ossessiva di due-accordi-due della chitarra-drone di Hyde. Un incedere furioso, epico e salvifico cui fa da contraltare un lavoro impressionante sull’edit dei suoni. Semplice e complesso al tempo stesso. Del resto, è sempre stata appannaggio di Eno quella zona dove la freddezza delle macchine incontra il calore del cuore umano.
Ma "High Life" è anche altro. C’è DBF, ad esempio, col suo funky-style che riporta dritti ai Talking Heads o – se volete - allo stesso Eno di No One Receiving; ci sono gli intrecci ethno-elettronici di Time To Waste It e Lilac; il mezzo hip-hop di Moulded Life, forse l’episodio meno degno di nota; e, in chiusura, la splendida Cells And Bells, le cui atmosfere ricordano quelle elegiache di Spider And I.
Insomma, disco per palati fini che però potrebbe anche essere funzionale al reclutamento di nuovi adepti in ambito art-rock.
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