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Arriva inevitabilmente un momento nella vita in cui (quasi) qualsiasi musicista, anche quello dal curriculum più rumoroso e aggressivo, si ritrova a fare i conti con una specie di insopprimibile vena intimista. Ed eccoli tutti imbracciare chitarre acustiche, classiche, magari qualche percussione sullo sfondo, un contrabbasso per i più jazzy e, impercettibile ma comunque udibile, il fruscio delle mani del produttore, lieto di annunciare la svolta acustica di Tizio o Caio. Al di là delle considerazioni economiche, la voglia di smorzare i toni e abbassare i volumi arriva man mano che l’età avanza, com’è fisiologico che sia.
Questa legge dell’universo non ha risparmiato neanche il buon Joseph Donald Mascis, Jr., più semplicemente J Mascis, uscito esattamente tre anni fa col suo primo (se si escludono live e collaborazioni, come fu per 'J + Friends Sing And Chant For Emma' del 2005) album solista, il toccante 'Several Shades Of Why'. Non mancano ospiti illustri per questa seconda fatica, su tutti Pall Jenkins dei Black Heart Procession e Chan Marshall, alias Cat Power. Quindi, un solista già meno solista rispetto al precedente disco, ma comunque pregno dell’impronta inconfondibile di mani e ugola del chitarrista di Amherst.
A un primo ascolto, sembra di assistere alla naturale prosecuzione di 'Several Shades Of Why'. Fin dall’iniziale Me Again l’impressione è di continuare a fluttuare sulle bucoliche e sognanti atmosfere di Listen To Me. Eppure, è innegabile che qui qualcosa è cambiato. Tutto, in certi frangenti persino la voce tradizionalmente incerta e timida di J Mascis, appare più sicuro, sprigiona una maggiore consapevolezza di sé, della propria dimensione intimista-acustica. A conferma di ciò, l’inserto di strumenti altri dalla chitarra, seppur semplici come un accompagnamento di piano e un tappeto di tastiere nel brano che dà il via all’album. La fiducia e la padronanza razionalmente fanno rima con qualità e affidabilità. Il che è certamente vero anche per quest’album: si tratta di un’opera godibile e coesa dall’inizio alla fine, e chi ha amato il precedente album si ritroverà a proprio agio tra questi solchi. Ebbene, forse è proprio quella componente a tratti impacciata e “sperimentale” che possedeva certamente 'Shades Of Why' che qui langue, quando non è quasi del tutto scomparsa. È ovvio come la seconda prova in questo genere comporti la voglia di sperimentare nuove strade ma, vuoi per nostalgia, vuoi perché è il secondo disco, qui parte della magia che c’era prima si è dissipata. Ci si discosta spesso anche da una dimensione prettamente acustica per spingere il piede sull’acceleratore, come avviene in Every Morning, che è quasi più una take elettro-acustica di un pezzo dei Dinosaur Jr. Su Heal The Star echi dello spiritualismo sufi à la Three Fish fanno più che capolino, e Wide Awake vede un organo da chiesa e l’inconfondibile voce di Cat Power contornare gli arpeggi rapidi e decisi.
È un lavoro che non ha paura neanche di tentare strade inedite per Mascis, come nelle suggestioni arabeggianti di Drifter, e quadrato perfino nella media svizzera della durata dei pezzi: 10 brani, 40 minuti di durata. Ecco, è forse solo questa solidità e compattezza di base che rende questo lavoro di un niente inferiore all’esordio, meno organizzato ma più empatico. Ma stiamo parlando comunque di una delle uscite più rilevanti dell’anno, ben al di sopra della mera sufficienza. Una scommessa sempre vinta.
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