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The Legendary Pink Dots
10 To The Power Of 9
2014
Rustblade/Audioglobe
di Giancarlo De Chirico
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Il rumorismo più cupo - insieme a elementi tipici della prima ondata psichedelica - sono i tratti più distintivi del nuovo album dei Legendary Pink Dots, la ‘cult band’ che si muove intorno alla vena creativa di Edward Ka-Spel (the Pink Man) e Phil Knight (the Silver Man) ed è attiva nel Regno Unito fin dall’inizio degli anni Ottanta. Lontani anni luce da qualsiasi appartenenza ad un genere musicale e conseguente catalogazione, i Leggendari Puntini Rosa portano ad un livello più estremo e quasi farneticante le intuizioni che furono del primo Syd Barrett dei Pink Floyd. Anche in questa occasione non mancano composizioni decisamente eccentriche improntante ad una sorta di dark-punk elettronico, ad un cabaret nero ovattato ed ammaliante, niente affatto di facile ascolto, ma al quale è difficile sottrarsi. Questo “10 To The Power Of 9” è in realtà un ‘concept album’ che prevede anche un seguito, un volume 2, ed è centrato intorno ad una complicato storia di cospirazioni e complotti che ha origine su una vetta irraggiungibile in cima al monte Himalaya, dove vivono uno accanto all’altro i dieci uomini più importanti del mondo, e trova poi applicazione sul retro di un piccolo ufficio di Londra, dove le loro decisioni trovano una corretta applicazione e scatenano guerre di religione e conflitti mondiali. Sono loro, tutti uomini, tutti Presidenti di qualcosa, a decidere chi vince e chi perde, chi muore e chi invece resta in vita. Siamo nell’ambito della psichedelìa più pura, più surreale, ma è un posto particolarmente adatto alle vertiginose e debordanti soluzioni armoniche di Phil Knight, ai sintetizzatori, su cui si inserisce di tanto in tanto un canto vellutato ed affascinante. Tutte da ascoltare le esecuzioni di The Virgin Queen, di Your Humble Servant e di Open Season, impreziosite dalle interpretazioni di Edward Ka-Spel, davvero simile nell’impostazione vocale al compianto Syd Barrett. Quanto mai interessante poi lo ‘spoken word’ di Olympus 2020, mentre è decisamente provocatoria ed intelligente la trovata di inserire l’invocazione “no rain/ no rain” (resa famosa dal festival di Woodstock, nel1969) all’interno di Malice - Freak Flag, una sorta di ideale passaggio delle consegne dall’era hippy all’elettronica dei nostri tempi. Un album pieno zeppo di riferimenti e di contenuti musicali ed esistenziali, politici e filosofici, un manifesto anarcoide che merita di essere centellinato in ognuna delle sue sfumature. Da ascoltare.
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//www.youtube.com/embed/Y_UolcmfhvI
16/12/2014 -
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