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Ricordate la canzone del film “Lo Chiamavano Trinità”, quella col fischiettìo che poi è diventata una delle suonerie per cellulari più scaricate del web? Ecco, l’ha scritta Franco Micalizzi, che è stato ed è uno dei più grandi compositori italiani di colonne sonore, avendo musicato una serie impressionante di film a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, in particolare poliziotteschi (“Italia a mano armata”, “La banda del gobbo”, “Il cinico l'infame e il violento”, …) e commedie (ancora con Bud Spencer e Terence Hill in “Nati con la camicia” e “Non c'è due senza quattro”, ma anche i film con Tomas Milian), non disdegnando i cartoni animati (“Chi lo sa che faccia ha / chissà chi è / tutti sanno che si chiama Lupin…”). E molti sono stati grandi successi. Senza contare le collaborazioni con la TV pubblica e la fama riconosciutagli a livello internazionale su entrambe le sponde dell'Atlantico. Questo solo per capire la statura del personaggio. Un personaggio che negli anni ha continuato a fare grande musica. Perché ci sono artisti che seguono le tendenze, altri che le creano, e altri ancora che le incarnano. E Micalizzi è la “pulp music”. Quella che ha segnato un’epoca contribuendo al successo del made in Italy musicale e cinematografico nel mondo e che Quentin Tarantino riscoprì in “Pulp Fiction”. Perché, anche nell’arte, nulla si crea e nulla si distrugge. E così quell’immaginario rifluisce in ”Ondanuova 1”, disco tributo ai generi che hanno ispirato il Nostro nel corso della sua lunghissima carriera, dal blues al jazz passando per il funk, il soul e il bossanova. Una professione d’amore da fan della musica più che da protagonista, e che in quanto tale non poteva essere affidata alla presenza di ospiti qualunque ma a quella di alcuni tra i più grandi solisti a livello mondiale. Qualche nome ? Il tastierista Jeff Lorber, il sassofonista Eric Marienthal, il bassista Jimmy Haslip, e il trombettista Fabrizio Bosso. Da segnalare anche la presenza del figlio d'arte Cristiano Micalizzi, qui nella duplice veste di batterista e produttore. L'autore descrive questo lavoro come «un tributo alla musica che amo. Una volta non esistevano gli mp3 e Youtube, e le emozioni andavano ricercate con pazienza e dedizione. Era difficile reperire dischi, e i nostri “social” erano i pomeriggi passati davanti ad un giradischi, con ognuno che portava qualcosa di proprio. Qualche mese fa nella mia mente sono affluiti nuovamente tutti questi pensieri, questi ricordi, si sono sedimentati e poi hanno preso una strada ben precisa, quella che potete ascoltare in questo album. Chi mi segue sa quanto amo questi generi musicali. Questo progetto mi ha fatto vivere un'esperienza professionale importante, rendendomi felice in ogni fase della sua realizzazione». Specie se, come in questo caso, non si tratta di un malinconico revival ma della riscoperta del rapporto tra un uomo e la sua passione. Perché è dalle radici che vengono su alberi forti.
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