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Un ronzio di fondo e strani rumori metallici sferragliano contro qualcosa di non meglio specificato fanno da intro a ”Pneuma”, titletrack e album dei Cardosanto uscito originariamente nel 2000 e ristampato dalla Wallace Records. Sono in tre, Roberto Sassi chitarre, Fulvio Giglio basso e Dario Marinangeli batteria, si sono formati a Savona e dopo dodici anni di silenzio e side project più o meno famosi (uno con Xabier Iriondo) i nostri hanno pensato di riunirsi. Questa ristampa è il primo passaggio del loro nuovo cammino, non sappiamo cosa ci aspetterà da qui in poi. Suonano math-rock core violento, figli dei Don Caballero e nipoti dei King Crimson (The Absurd Tale Of Phineas Gage) osano sperimentando nuovi innesti. Colpiscono duro attraverso l’assenza di melodia da spalmare sull’ulcera che hanno creato nel vostro stomaco. Bastano poche note per capire di che pasta sono fatti, dialoghi serrati fra chitarre e basso, rallentamenti e ripartenze dall’insostenibile spinta propulsiva, tutto racchiuso nella prima vera traccia del disco, intitolata Worlds. Basterebbe solo questo per consigliare, anzi imporre l’acquisto. Citano Zappa senza timore, avendo appreso appieno la lezione, e ne esaltano i contorni irrobustendo i dettagli, rendendo il suono spigoloso e indigesto. Sono chirurgici e precisi nell’esecuzione senza che si possa muovere loro ridicole accuse di virtuosismi. È roba di una complessità strutturale che molti altri pseudo artisti più blasonati non potrebbero né saprebbero suonare. Questi sono musicisti veri, non caccole che agitano una chitarra sul palco per ingannare ragazzini facilmente suggestionabili. È roba che richiama il sound infernale degli anni novanta, quel noise insofferente, dell’attitudine no compromise che viene smorzata da alcuni passaggi più dilatati in Trema Blasfema subito ripresa dal successivo attacco sonico Cardotrance. Una vera e propria bomba ritmica al cui passaggio gli oggetti si piegano alla potenza deformante del sound. A metà del disco, muscoli, denti, nervi e tendini soffrono, mentre le sinapsi e i neuroni delle menti aperte non possono che ringraziare e gioire con un sorriso beffardo stampato sul volto. Fondono geometrie e hardcore, matematica e ira, sono come un mare in tempesta con onde lunghe che s’infrangono sugli scogli molto prima di toccare la battigia, frantumandosi in migliaia di schegge che rilasciano anche scorie blues. Si, i nostri si cimentano anche con le pentatoniche riducendole a brandelli (Machines, Automathism, Gears). E giusto per non farsi mancare niente, la band scende anche su territori eterei, dove regna una parte di elettronica confluita nella penultima Camera Pneumatica. Serve altro?
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