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Seasick Steve è un personaggio strambo, la sua vita è ricca di cambi di scena e spostamenti continui (ha vissuto in almeno 59 case diverse), di separazioni dolorose dei suoi genitori e di altre situazioni bizzarre. Conosciuto per le sue collaborazioni con personaggi del calibro di Joni Mitchell e John Paul Jones, Steve è tornato alla ribalta negli ultimi dieci anni ottenendo un successo insperato e una continuità creativa invidiabile. In una sua intervista Wold ha confessato di aver comprato, a sua insaputa, dal suo amico Sherman una chitarra maledetta, posseduta da un demone ormai sparito che secondo lo stesso Wold potrebbe aver avuto un certo peso nel suo recente successo. La liaison fra il blues e il diavolo è una storia molto affascinante, nessuno ci crede davvero ma accresce il mistero di alone su alcuni personaggi, Roberto Johnson primo fra tutti, che dopo inizi claudicanti e incerti sono poi divenuti mostri sacri. Questo musicista bianco, dal cuore nerissimo e dalle dita blues, arriva a pubblicare il suo settimo lavoro in carriera, iniziata (discograficamente) nel 2004. ”Sonic Soul Surfer” è una dichiarazione d'intenti sin dal titolo e un’ulteriore conferma delle aspettative riposte in questo giovincello di 74 anni che suona le chitarre più disparate, su tutte quella a una sola corda usando un giravite a mo di bottleneck e la Mississippi Drum Machine, piccola scatola di legno sulla quale batte il piede ottenendo percussioni spartane. 12 brani introdotti dall’opener Roy’s Cang, un boogie con accordatura ribassata, batteria ossuta nelle possenti mani di Dan Magnusson e la voce di Steve sepolta nel missaggio, sfigurata dall’effetto megafono. Un inizio pirotecnico che non lascia spazio a dubbi. Bring It On va avanti a cassa dritta e slide guitar capace di produrre riff martellanti e un sound così pieno da sembrare quello di una band con almeno tre elementi. A quota tre arriva Dog Gonna Play, immancabile ballad in 4/4 che sfrutta rimandi ai Black Keys, prima del loro recente ammosciamento discografico. Meglio fa la successiva In Peaceful Dreams, blues preso dall’anima indiana con mandolino e voce sciamanica. In alcuni momenti il fantasma dei 22-20’s appare sullo sfondo di Summertime Boy, mentre Swamp Dog è un mid-tempo pastoso del delta del Mississippi che farebbe felice Muddy Waters. Grande lavoro di slide moaning guitar e poche note sulle pelli che sembrano un cuore dal ritmo lento e preciso, forse affaticato dal caldo e dal whiskey ma affidabile. Anche John Lee Hooker riceve la sua fetta di torta nella successiva Barracuda ’68, anfetaminico bisonte che prende man mano velocità e potenza risultando pericoloso nella sua furia trascinante. Grande take dalle ottime qualità danzerecce, roba che dal vivo farebbe muovere il culo pure a Platinette. Non mancano i momenti di riflessione, intrisi di romanticismo vaporizzato dalle poche note acustiche e dalla voce bassa e roca (Right In Time). Il fuoco s’attenua lentamente sul finale in cui Steve abbassa i toni ritornando nell’introspezione e la batteria si ritaglia spazi angusti ma comodi su cui accennare i colpi. Wold e il suo continuo mal di mare (da qui il moniker Seasick) s’avvia verso un finale pacato ma sempre molto intenso, composto dal tandem Your Name e dalla conclusiva Heart Full Of Stars. Chiaramente non c’è nulla di nuovo in quello che Steve suona, ma lo fa molto bene rinverdendo i fasti della pentatonica, scala spesso sfruttata fino all’osso e banalmente da musicisti mediocri. Questo disco non si piega alle necessità delle chart ma vi piegherà la volontà attraendovi con una forza magnetica impossibile da contrastare.
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