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The Rock’N’ Roll Kamikazes
My Town
2015
Go Down Records/Latlantide
di Giuseppe Celano
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Si definiscono Kamikaze del rock and roll e non sappiamo se dopo l’uscita di ”My Town” siano ancora vivi o il loro intento sucida si sia compiuto. Per ora possiamo solo dirvi che la loro cintura esplosiva contiene dieci colpi che annusano il passato riciclandolo dentro lo stomaco per poi risputarlo in queste take dal sapore vintage ma con un pizzico nouvelle cousine che porta un ringiovanimento stilistico. È un disco profondamente blues ma scordatevi le pentatoniche discendenti, della «Lei che se n’è andata con un altro spezzandovi il cuore e dei lunedì piovosi». Qui sono le radici a parlare, il loro disperato aggrappa mento alle roots è messo alla prova dalle taglienti chitarre punk di “My Town”. Richiamano alla mente la creatura del reverendo Jim Jones (Revue), il loro spirito r’n’r rimane ben imprigionato nella produzione, secca e quasi spartana. I brani non sembrano trattati pesantemente in studio, anzi la sensazione di una registrazione quasi in presa diretta è sempre ben presente durante tutto l’ascolto (Square One). Il cambio di marcia arriva con Everybody, traccia obliqua che mischia più elementi per diventare una ballad affascinante come il sorriso fugace di una sfuggente sconosciuta. Andy Macfarlane, Eugenio Pritelli, Giuseppe De Gregoriis, Nicolò Fiori, Guy Portoghese sono rei confessi, ammettono di avere una corresponsabilità, insieme a molti altri, nella diffusione del verbo rock (Dangerous Ground). Lo fanno a modo loro sia chiaro, senza nessuna fretta di arrivare impressionando attraverso l’ostentazione di muscoli e nervi tesi. Non mostrano i denti e non vogliono impressionare nessuno (I Know) anzi si concedono qualche momento di irresistibile scioglievolezza durante Easy, scomodano il dottor Jon Spencer (periodo Heavy Trash). In “My Town” non tutto funziona a dovere, alcuni meccanismi legati al songwriting soffrono di spinta insufficiente per il decollo, sebbene provino a spiccare il volo il peso le ancora saldamente a terra. Se volessimo individuare il problema potremmo puntare il dito contro la ripetitività ossessiva di alcuni bridge che sulla lunga distanza potrebbero suscitare un po’ d’insofferenza (The Man You Love). Il consiglio invece è di dirigersi velocemente verso fine corsa pedale, Always Living è la via da seguire. Per il resto pollice in su.
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//www.youtube.com/embed/9IOnT55XMPc
24/05/2015 -
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