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Sembrava che non dovesse nemmeno uscire questo disco, o meglio, in prima battuta si parlava soltanto di una serie di release di singoli, come nei fatti è stato inizialmente. Un lavoro frastagliato, tra ritagli di tempo tra un tour e l’altro, principalmente tra luglio 2014 e luglio 2015, nei momenti che consentissero a questo quasi “super-gruppo” di trovare il tempo per ispirarsi. Il risultato è quello che probabilmente sarà, se non il, uno dei dischi dell’anno.
Del resto quando dentro c’è un certo Jack White, la rockstar più importante degli ultimi 15 anni, assistito dai fidatissimi Dean Fertita (Jack White solo, Queens Of The Stone Age) e Jack Lawrence (The Raconteurs, The Greenhornes) cui si somma la travolgente Alison Mosshart (The Kills) alla voce, il risultato non è nemmeno così sorprendente, o forse sì. I Dead Weather, al loro terzo disco, sembravano sempre essere stati in grado di concepire ottime idee, ma poi alla fine era sempre come se gli mancasse qualcosa, che adesso però hanno definitivamente trovato. I 12 pezzi da cui è composto 'Dodge And Burn' sono un concentrato di impulsiva e frenetica ispirazione, mista a genialità, con quell’ibrido del sound classico ma avanguardista, marchio di fabbrica di Jack White III, che infatti ricopre anche il ruolo di produttore con la sua Third Man Records.
Adesso potremmo metterci a descrivere l’album pezzo per pezzo… come nella miglior tradizione delle recensioni discografiche, ma nel 2015 tra leaks e upload illegali, senza dimenticarci che la release date è in data odierna, la cosa migliore da fare è sicuramente procurarsi ed ascoltare questo lavoro, più che farselo raccontare. Una particolare menzione va fatta però per alcuni pezzi, escludendo i “teaser” già usciti, Open Up (That’s Enough) e Rough Detective a gennaio 2014, Buzzkill(er) lo scorso novembre, quindi I Feel Love (Every Million Miles) primo vero singolo con video a metà agosto 2015, che apre il disco come una trascinante scarica elettrica, ed infine Cop And Go di pochi giorni fa, ultimo assaggio che ha reso l’acquolina alle orecchie una fame insaziabile nei restanti giorni che separavano dalla data di uscita del disco completo.
Il mood camaleontico ma perennemente acido, imprevedibile, solenne e compulsivo che caratterizza questi brani è solo il preludio alle altre perle del disco, prima tra tutte Three Dollars Hat, brano bipolare, intrigante e maligno, impreziosito dall’arma più infallibile dei Dead Weather, il duetto vocale tra White e Alison Mosshart. in cui si sente in maniera inequivocabile la mano compositiva del Messia di Nashville alla chitarra (che in sede live è perlopiù impiegato alla batteria ed alle percussioni). E’ curioso notare poi come l’approccio batteristico del patron della Third Man Records sia per certi versi simile a quello chitarristico, istrionico, apparentemente grezzo, celatamente tecnico e sempre ricercato. Let Me Through invece evidenzia come anche i due membri “meno famosi” non siano affatto dei gregari in questa formazione, fornendo un apporto per nulla anonimo… anzi, come Jack Lawrence in questa terza traccia, la cui linea di basso massiccia e distorta all’inverosimile, trascina tutto il brano fino a condurre al vorticoso assolo di White, la ciliegina sulla torta. Dean Fertita invece è il John Paul Jones della band, il polistrumentista/jolly equilibrato e composto, il suo curriculum parla per lui, si divide tra chitarra, piano, tastiere e cori senza mai strafare, perché a caratterizzarlo sono l’eleganza ed il gusto di ogni sua nota. Ma se la genialità di Jack White ormai non fa più notizia, forse il vero valore aggiunto allora è proprio l’indomabile Alison Mosshart, il cui stile non è certo una novità ma che in questo disco sfodera delle interpretazioni seducenti, sinuose e graffianti ai limiti della perversione, prestate a delle linee melodiche ammalianti o folgoranti a seconda dei casi.
L’ultima menzione d’obbligo va di diritto all’ultimo brano, Impossible Winner, il più distaccato stilisticamente dal resto del disco, fondamentalmente piano e voce, ma con l’apporto di un quartetto d’archi, un trionfo della Mosshart che ricorda la più ispirata e struggente Alicia Keys, punto esclamativo, lode e bacio accademico.
Twitter: @MrNickMatt
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