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Uncle Acid And The Deadbeats
The Night Creeper
2015
Rise Above Records
di Giuseppe Celano
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Inglesi, formati nel 2009 a Cambridge con tre album all’attivo e descritti come Alice Cooper che improvvisa con Black Sabbath e Stooges, gli Uncle Acid And The Deadbeats fanno poker con un disco intitolato 'The Night Creeper'.
Per ottenere un sound d’annata, ma non per questo vecchio, usano strumentazione rigorosamente vintage. Non sono mai usciti dai Seventies, e non credo ne abbiano nessuna intenzione, sfoggiando tripudi di chitarre in overdrive e assoli alimentati da una sinistra forma di psichedelia laida e molto malata. La voce, acida e sepolta nel missaggio, apre le danze per Waiting For The Blood, opener di questo nuovo lavoro che mette in chiaro le cose sin dalle prime note. Questa traccia, da sola, giustificherebbe l’acquisto del disco uscito anche edizione limitata con doppio vinile rosso e codice per il download in mp3.
I danni fatti da Toni Iommi sono incalcolabili perché in progressivo aumento nel tempo, continuano tutt’ora a mietere vittime fra i musicisti e i musicofili. Questa band del regno unito non riesce a fare a meno del propellente sabbathiano erogato dal chitarrista, fidato compagno di viaggio di Ozzy che all’interno di questo disco ha un’influenza considerevole sulle parti cantate. Ne sono così affascinati da calarsi totalmente nella parte e prendere a piene mani dai loro mentori. Riff ribassati, bicorde e un bel po’ di distorsione, quello che basta per catapultarci indietro nel tempo di 40 anni. Cori sciamanici emergono dalle profondità oscure di queste composizioni ferine, sarebbe inutile sottolineare i giri armonici che rimandano al sabba nero, ne troveremmo a iosa con il solo rischio di annoiarvi o peggio di far passare questo disco per un tribute album di musicisti con poche idee.
Al contrario gli Uncle Acid invece sono determinati, conoscono bene il campo di battaglia dribblando le trappole disseminate lungo il percorso. Non cedono a facili tentazioni evitando di rimanere schiacciati dal peso dei loro mentori (Pusher Man). Le atmosfere brumose di Yellow Moon viaggiano lente, impalpabili, epurate dalla voce e interrotte dall’arrivo dell’organo ieratico di Vebby Lane. L’highlight del disco arriva a quota nove, come i minuti di Slow Death, ballad tossica che sfrutta armonie delicate e soli dissonanti in un crescendo al cardiopalmo che si dilata arricchendosi di potenza e volume. La musica è materia viva e incandescente, si nutre del passato e del presente mentre riscrive un futuro prossimo sfruttando vecchi stili e nuove contaminazioni.
Gli Uncle Acid And The Deadbeats lo sanno fare molto bene riutilizzando ciò che ha marchiato la loro infanzia. Riciclo? Sì, e ci piace molto perché abbiamo un’anima nera che sa di zolfo.
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//www.youtube.com/embed/Mbwk228vtkg
30/09/2015 -
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