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Karma To Burn
Arch Stanton
2015
Deep Dive Records
di Giuseppe Celano
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Gli statunitensi Karma To Burn, con alle spalle un’esperienza ventennale, arrivano al 2015 licenziando il full-length 'Arch Stanton'. Li avevamo visti dal vivo e in forma al Traffic (Roma) pochi mesi fa aspettando il loro ultimogenito.
Il nuovo album, uscito per Faba/Deep Dive Records, ci consegna un altro capitolo hard-stoner da tenere a portata di mano come una pillola salva vita. Anche stavolta è tutto in ordine, i brani sono elencati attraverso una numerazione progressiva, la musica è hard rock di quello buono davvero, senza fronzoli, desertic(ficat)o in parte dalle chitarre secche e in acido. Rallentamenti e ripartenze brucianti la fanno da padrone mentre il rifferama, ormai classico, aggiunge il resto. Hanno Groove e atteggiamento minaccioso, ma dall’atmosfera che si respira sembra anche che si siano divertiti molto nella registrazione di questi otto brani. Materia magmatica incandescente, portata al punto di fusione dalle chitarre e spinta più in la dalla sezione ritmica, un rullo compressore spietato.
Il songwriting monumentale ha la stessa potenza di un leviatano inferocito, le chitarre passano su tutto piegando la volontà e piallando i padiglioni auricolari dell’ascoltatore. Facendo leva su flussi psico-progressivi, Wiliam Mecum, Rob Halkett e Evan Devine, sfrondano le tracce di qualunque orpello, voce compresa. Ci sono così tanti riferimenti, richiami agli anni Novanta e a Morricone che la vertigine è in agguato dietro l’angolo.
Siamo di fronte a un disco dal tiro dritto, una sorta di bignami dei Karma To Burn ma allo stesso tempo un’enciclopedia di riff, incastri ritmici e capacità di scrittura che poche band possono vantare, ancora meno quelle che hanno alle spalle venti logoranti anni di attività (Fifty Nine).
Volendo essere polemici e cercando a tutti i costi un neo, si potrebbe dire che ormai i Karma To Burn some come un libro aperto: la loro carriera e la musica sono arrivati a cristallizzarsi causa formula non intercambiabile. Questo scelta genera solo una conclusione secca: prendere o lasciare, amarli oppure odiarli. Togliendo dal totale qualche sferzata al limite del Glam e ammiccate al Classic Rock, il resto è fissa materia che corre su un circuito ovale, riproponendosi ad ogni passaggio dal via.
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07/10/2015 -
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