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Francesco Diodati and the Yellow Squeeds
Flow, Home
2015
Auand Records
di Claudio Prandin
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Francesco Diodati è uno dei chitarristi più apprezzati nel panorama jazz italiano tanto da convincere Enrico Rava a coinvolgerlo nel suo New Quartet insieme a Gabriele Evangelista ed Enrico Morello; la continua ricerca di nuove sonorità lo ha indotto nel 2013 a fondare un quintetto giovane e innovativo chiamato Yellow Squeeds con il quale ha inciso questo disco. Le nove tracce di “Flow, Home” costituiscono un percorso intimo ed introspettivo basato su architetture sonore ariose ed eteree dove la chitarra suonata in modo molto moderno non domina sugli altri strumenti ma lascia ad ogni interprete i propri spazi espressivi; soprattutto Enrico Morello alla batteria e Glauco Benedetti al bassotuba giocano un ruolo determinante e riescono ad arricchire l’album con il loro indiscusso talento. L’album si apre con un brano il cui titolo, Split, sintetizza la sensazione di separazione enfatizzata dalla tromba inquieta e nervosa di Francesco Lento; prosegue poi con una lenta ballata (Ale) e con Lost che più degli altri brani cerca di confondere l’ascoltatore con intricati intarsi chitarristici; in Believe prevale la ricerca di un suono nuovo ed originale ottenuto appoggiando palline da ping pong sulle corde del pianoforte. La parte centrale incisiva e toccante è composta dal trittico Folk Song, Flow e Home: comincia con un arpeggio di chitarra semplice ed efficace che si trasforma in un dialogo immaginario tra gli ottoni per concludersi con profondo lirismo. Non manca un omaggio a Thelonius Monk con una giocosa reinterpretazione di Played Twice. Ogni composizione possiede una propria anima e un proprio stile che la differenziano dalle altre; ciò rafforza l’impressione che lo scopo ultimo di Diodati non sia il brano fine a se stesso ma il viaggio che partendo dalla più sorgiva sperimentazione lo fa crescere ed infine lo completa. Dopo un concerto in cui ha suonato insieme al maestro Enrico Rava gli ho posto alcune domande; quando gli ho chiesto di spiegarmi il significato della copertina mi ha risposto che rappresenta «un telaio birmano con una finestra illuminata sullo sfondo; l’ho scelta perchè rappresenta questo movimento che c’è nell’album a livello musicale; questo andare verso un qualcosa di non chiaramente definito ma comunque andarci, buttarsi, rischiare e trovare poi un equilibrio lì in quel punto». Gli ho anche chiesto perché ha preferito il bassotuba al contrabbasso; mi ha risposto che voleva «prendere un suono che richiama l’antichità e rimetterlo in mezzo ad una produzione musicale nuova e contemporanea. E questo crea un contrasto che mi piace molto. Poi il bassotuba ha molte possibilità timbriche e dinamiche che il contrabbasso non ha. Volevo sfruttare queste possibilità; infine ho incontrato Glauco Benedetti, un tubista straordinario e ho voluto sfruttare le sue qualità. ».
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27/11/2015 -
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