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Bloc Party
Hymns
2016
Infectious Music/BMG
di Valerio Di Marco
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Diciamolo subito: ”Hymns” è un album disturbante, nel senso che disturba l’idea che ci eravamo fatti dei Bloc Party di band oramai relegata a reperto degli anni Zero. Anzi a dire il vero io credevo che si fossero sciolti, o perlomeno che stessero sul punto di farlo. E invece, a quattro anni da “Four”, eccoli riemergere dalle brume dell’oblio con un lavoro che ci ridà il piacere di ascoltare un disco dei BP. Perché anche se siamo lontani dai fasti degli esordi, “Hymns” è una sorta di rinascita per la band inglese dopo le ultime due deludenti prove in studio, quelle sì brutte, ma brutte forti. Come suggerisce il titolo, questo lavoro parla di fede e devozione. Songs of faith and devotion? Sì, ma non si tratta di un’epifania religiosa, bensì di una dimensione spirituale già in passato indagata in musica da Kele. Che poi a dire il vero la band è un po’ cambiata negli ultimi mesi. Justin Harris (basso) e Louise Bartle (batteria) hanno preso il posto rispettivamente di Gordon Moakes e Matt Tong. Ma l’ensemble non sembra aver risentito del doppio cambio in line-up, poichè il nucleo è rimasto inalterato, con il frontman Kele Okereke e Russell Lissack a dirigere le operazioni come al solito. E che dovremo rivedere le nostre posizioni appare chiaro fin dalla tastiera dissonante dell’iniziale The Love Within. Anche perchè la quantità di frecce al loro arco sembra aumentata a dismisura. A ballare si balla sempre, ma le mitragliate dance/punk-wave degli esordi sembrano un lontano ricordo, a beneficio di un sound più misurato e una scrittura più matura.
C’è sì qualche episodio forse non imprescindibile e c’è da chiedersi, semmai, perché brani come Eden e Paradiso siano stati lasciati fuori e inclusi solo nell’edizione deluxe. Ma per il resto il lavoro suona coeso come non mai e coraggioso nell’azzardare nuove soluzioni. Prova ne sono il dubstep allucinato di Fortress, il r&b lisergico di So Real, lo chamber-pop acidulo sulle orme di dEUS e Girls In Hawaii di Into The Earth, le tinte kraut di Living Lux e il blues tennesseeano di The Good News. Le buone notizie, sì. Una delle quali è il ritorno di una band che forse troppo presto avevamo dato per morta.
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10/02/2016 -
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