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Quando mi trovo davanti ad un disco di cover, di solito la prima cosa che faccio è toglierlo dal lettore appena me ne accorgo e passare a qualcosa di nuovo da scoprire che non sia l’ennesima reinterpretazione di brani altrui, peraltro triti e ritriti. Poi però, come in questo caso, capita che uno legga i titoli e gli venga la curiosità di sapere perlomeno con quale criterio siano state scelte canzoni così diverse tra loro e così trasversali in termini di tempo, spazio e generi musicali.
Che c’entrano, per dire, Stayin’ Alive con La Cura ? O Killing In The Name ? A questo punto sono curioso. E allora, dai, facciamocelo un giretto nel drugstore dei Discoverland, progetto a quattro mani dei musicisti e cantautori Pier Cortese e Roberto Angelini. Un drugstore dove sugli scaffali sono esposti, tra gli altri, U2, Beatles, Verve, Nirvana e pure i nostri Franco Battiato ed Edoardo Bennato.
Al reparto “irlandesi che fanno gli americani” troviamo infatti I Still Haven’t Found What I’m Looking For in una divertente versione country-folk con banjo accluso, mentre al reparto allucinogeni troviamo prima i Beatles di Lucy In The Sky With Diamonds e poi i Verve di The Drugs Don’t Work in un'assurda versione elettro-pop che ai tempi in cui Richard Ashcroft camminava sui marciapiedi dando spallate ai passanti avrebbe suonato come un’eresia.
Poi per un attimo ci perdiamo e chiediamo alla cassiera chi diavolo sono questi. Ma certo, come no?, sono i Bee Gees in un'irriconoscibile versione psych del loro classico che dava il titolo anche al film con John Travolta e che nella coda presenta il finale fischiettato di Sittin’ On The Dock Of The Bay. Strano miscuglio, ma gradevole.
Così come il sitar in All Apologies ci sta come il parmigiano sulle vongole, ma in fondo – come diceva qualcuno – osalo, nelle tue ricette. E che dire dei Rage Against The Machine cantati a cappella.
Insomma il secondo album della coppia romana è un pot-pourri di musica bianca, nera, elettronica, acustica, dance, pop e rock. C’è tutto e il contrario di tutto in un lavoro originale come non mai a dispetto del fatto che la musica in esso presente, originale non è. Almeno non nel senso canonico del termine. C’è solo un brano a firma del duo, Il Pusher, ma per quello rimandiamo ancora una volta alle droghe pesanti.
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